L'ANALISI
01 Novembre 2014 - 10:48
I bambini nigeriani con le mamme e i volontari di Pobic
BOZZOLO — Woyengidengiyefa ha 9 anni, è nigeriana, e come i piccoli connazionali Terfaian e Deborah di soli 11 mesi, ha una grave malattia congenita al cuore. Tutti e tre verranno salvati grazie alla missione Cuore Aperto della Ong Pobic, l’associazione umanitaria bozzolese che da anni opera in Nigeria e Costa D’Avorio. I bambini sono in Italia da alcuni giorni e vi rimarranno fino a metà dicembre, ossia fino a quando i postumi degli interventi cardiaci saranno superati. Ad accoglierli anche alcuni volontari: Andrea Sarzi Sartori, Valeria Hapanovic e Carlotta Cavazzana.
I loro interventi sono programmati la prima settimana di novembre all’ospedale ‘Gaslini’ di Genova, nosocomio con cui la Pobic ha sottoscritto un gemellaggio al pari della Regione Liguria che finanzia gli interventi. «Il loro arrivo — racconta il presidente Paolo Novellini — è stato bloccato per parecchie settimane a causa dell’epidemia di Ebola in Africa occidentale. Solo quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha tolto la Nigeria dai paesi a rischio (dove si sono registrati 20 casi e 8 decessi, l’ultimo in agosto, nda) siamo riusciti a organizzare il viaggio. Naturalmente sono stati seguiti tutti i protocolli del caso e per i tre bambini e le loro mamme gli scrupoli sono stati ancor maggiori».
Per l’associazione l’epidemia di Ebola sta portando preoccupazione nel personale che vive in Africa e che si tiene in contatto costantemente con l’Italia. «Stiamo valutando con più attenzione il nostro intervento». A tal proposito Novellini e il responsabile dei progetti esteri Giancarlo Nolli andranno in Costa D’Avorio alla fine di novembre. «I medici con cui collaboriamo stanno predisponendo progetti di emergenza per trovarsi pronti in caso dell'arrivo dell’Ebola e hanno chiesto la nostra collaborazione sia attraverso mezzi e strumentazioni che personale. Nel 2012 abbiamo donato alla regione di Bongouanou tre ambulanze e adesso andremo a vedere le condizioni dei mezzi e capire ciò che serve, anche in termini di formazione medica».
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