L'ANALISI
24 settembre 1991
24 Settembre 2019 - 07:00
È rimasto sepolto nel ghiaccio per centinaia d'anni: il corpo mummificato è stato scoperto sotto la neve sabato 19 mattina da due alpinisti tedeschi, sul versante austriaco del ghiacciaio della Val Senales. La schiena presenta tracce di ferite dovute forse ad ustioni o fustigazioni. «Quel corpo potrebbe essere lì da qualche secolo, magari dai tempi di Federico Tascavuota (duca del Tirolo a cavallo del '500, ndr). Ma dovranno essere gli esperti ad esprimersi»: sono parole di Reinhold Messner, uno dei primi a giungere sul luogo della scoperta.
Le autorità austriache si sono finalmente decise. Approfittando di alcuni squarci di sereno fra nuvole ancora molto basse e dense di pioggia, ieri pomeriggio hanno recuperato il prigioniero del ghiaccio proprio sotto la cima Haslabioch a 3.227 metri di quota, mezz'ora di (spedito) cammino da questo rifugio. Hanno fatto le cose per bene, anche se con qualche giorno di ritardo. Con un elicottero, in alta quota, è salito un archeologo che ha presieduto, con estrema attenzione, a tutte le fasi di recupero del «prezioso» cadavere che da sabato e fino a ieri era stato opportunamente ricoperto con il ghiaccio in modo da «frenare» l'inevitabile decomposizione a causa della temperatura e degli eventi atmosferici. È stato rimosso il ghiaccio, sono stati quindi liberati i piedi e le mani, tolta la terra che avvolgeva parte del corpo ancora intatto anche se decisamente rattrappito.
Impressionante la pelle rimasta attaccata ancora alle ossa nonostante il lungo «soggiorno» nel ghiaccio. Il cadavere è stato ricomposto con estrema cura, avvolto in speciali teli e quindi con l'elicottero trasportato all'istituto di medicina legale di Innsbruck, dove gli esperti erano stati allertati tempestivamente. Ieri sera hanno visionato il cadavere e le prime impressioni testimonierebbero che quell'uomo, di età sicuramente superiore ai 40 anni, sia rimasto sepolto nel ghiaccio per almeno 200 anni. Un rinvenimento eccezionale, dunque, che ha richiamato l'attenzione di tutto il mondo.
All'istituto di medicina legale di Innsbruck il cadavere sarà sottoposto subito ai primi trattamenti con il carbonio 14, che viene utilizzato proprio per cercare di datare i reperti archeologici. Stesso trattamento sarà riservato a quanto è stato trovato accanto al cadavere: i calzari simili a quelli usati dagli esquimesi, l'ascia di betulla, le cinghie di cuoio che avvolgevano le gambe (quasi intatte) del prigioniero dei ghiaccio, i guanti — in corteccia di betulla — che coprivano ancora le mani in perfetto stato di conservazione.
Intanto le supposizioni si accavallano una all'altra. È caduta subito – e la conferma è stata ripetuta anche ieri da Reinhold Messner — che possa essere stato un alpinista. «Quell'abbigliamento non l'avrebbe mai indossato, né nel secolo scorso né prima, uno che scalava le montagne», ha ribadito il popolare scalatore di Funes. L'ipotesi più credibile — che attende comunque la conferma degli esperti — è che si tratti di un prigioniero di guerra, probabilmente prima ucciso e poi sepolto a 3.200 metri di quota. I marchi a fuoco, ben visibili sulla schiena in vicinanza dell'osso sacro, sono la conferma di una più che probabile tortura che avrebbe preceduto il colpo fatale inferto alla nuca con un oggetto contundente. A suffragare questa supposizioni c'è il foro, di quattro centimetri di diametro, fotografato con estrema cura dall'archeologo nel timore che potesse essere più rapido del previsto il processo di decomposizione dopo che il cadavere era stato tolto dalla bara di ghiaccio in cui è rimasto chiuso per tanti, tantissimi anni. Ma quanti?
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