Gentile direttore, tempo fa ho seguito con interesse sul suo giornale il caso di una madre con figlia disabile ricoverata a cui il Comune voleva addossare in toto il costo della retta. Non ho saputo l’esito di quella amara vicenda, ma ora le voglio raccontare quello che è capitato a me. Ho un fratello affetto dalla nascita da un handicap molto grave, che dalla morte di mia madre, due anni fa, è ricoverato presso un centro specializzato del mantovano (io abito in un piccolo Comune del casalasco). Mio fratello era residente con mia madre; alla sua scomparsa, essendo l’unico familiare esistente, ho trasferito la sua residenza presso di me, dove, con grande fatica e con le sole forze mie e della mia compagna, senza chiedere aiuto a nessuno, riesco a fargli trascorrere brevissimi periodi fuori dall’istituto. Bene, il 16 dicembre ricevo una lettera dal mio Comune che mi invita a recarmi al più presto dall’assistente sociale per comunicazioni che mi riguardano. Prendo subito appuntamento, chiedo due ore di permesso al lavoro e con un po’ di apprensione mi reco in Comune. Prima sorpresa, sono spiacenti, non sono riusciti ad avvisarmi per tempo, ma per cause di forza maggiore l’incontro è rimandato al giorno dopo. Faccio buon viso a cattiva sorte, chiedo altre due ore di permesso e il giorno dopo sono nell’ufficio dell’assistente sociale, dove c’è anche l’assessore. Molto gentili, si scusano per il contrattempo e mi spiegano che sono uscite le nuove norme che regolano l’accesso ai contributi comunali; riassumo brevemente, d’ora in avanti dovrò partecipare al pagamento della retta di mio fratello, in quanto il nuovo ISE prevede la compartecipazione del nucleo familiare. Esco dall’incontro abbastanza allarmato e il giorno stesso mi reco ad un CAF per avere delucidazioni. Qui cascano dalle nuvole; una signora che mi sembra molto competente stampa da computer il decreto in questione; legge la parte riguardante il nucleo familiare, la evidenzia, la rilegge. Dice che deve essere un equivoco; o il mio Comune è molto male informato, oppure è molto in malafede. In ogni caso mi dice di stare tranquillo, perché il decreto dice in maniera inequivocabile che la compartecipazione può essere richiesta solo ai familiari in linea retta (genitori- figli) e che, addirittura, neppure potrebbe farmi un ISE per nucleo familiare comprendente sia me che mio fratello. Esco un pò rassicurato, ma non troppo. Chiamo un amico che lavora nello studio di un avvocato; non ne sa nulla, ma si informa e mi richiama. Anche lui dice di stare tranquillo, la cosa non sta né in cielo né in terra, è semplicemente illegale. Ora sono in attesa del prossimo incontro con assessore e assistente sociale, a fine gennaio. Mi chiedo chi ha ragione e chi ha torto, io sarò tranquillo solo quando la mia faccenda sarà definitivamente chiarita. Ma nel frattempo, qualcuno un pò più in alto, nelle istituzioni, può dire una parola in merito? Non penso che l’argomento riguardi soltanto me. Lettera firmata (Casalmaggiore)
Ha perfettamente ragione: l’argomento non riguarda solo lei. Sono tantissime le famiglie che ogni giorno si fanno carico di situazioni difficili legate a disabilità o malattie di congiunti. E purtroppo, spesso, anzichè trovare nell’amministrazione un sostegno si devono quasi ‘difendere’. La sua lettera pone una questione precisa: confidiamo in una risposta altrettanto efficace.