L'ANALISI
08 Luglio 2020 - 16:50
MODENA (8 luglio 2020) - Un paziente testimone di Geova con una grave malattia ematologica, curato con tecniche 'bloodless' consentite dalla sua religione che rifiuta le trasfusioni di sangue. È successo al policlinico di Modena, nel reparto di Ematologia dell’azienda ospedaliero universitaria diretto dal professor Mario Luppi. Il paziente, spiega una nota della congregazione, è affetto da una rara forma di malattia linfoproliferativa cronica, che aveva fatto crollare i suoi valori di emoglobina e piastrine a causa di una massiccia infiltrazione del midollo osseo. Ora, dopo le terapie, «è a casa e perfino in grado di riprendere a lavorare; sa bene che la sua malattia non è stata ancora debellata, ma potrà continuare la sua battaglia con più serenità». Al paziente è stata associata una terapia di supporto a quella cosiddetta 'standard’ per questo tipo di malattia, rappresentata in prima battuta dalla chemioterapia. Dopo il ricovero, in piena pandemia, i medici gli hanno somministrato ferro, vitamina B12, acido folico e 30.000 Unità di EPO (eritropoietina), al giorno. Grazie a questo primo approccio i valori sono saliti ed è iniziata la chemio, in due cicli. Durante il secondo, quando i valori sono di nuovo scesi, è stata applicata la terapia di supporto 'bloodless'. A distanza di due mesi dal trattamento, l'emoglobina è salita a un «valore di assoluta normalità». Il paziente, conclude la nota, «ha scoperto che in trincea con lui ci sono medici che, da veri professionisti, rispettano le sue scelte terapeutiche e sono pronti a collaborare per trovare sempre la soluzione migliore».
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