L'ANALISI
22 Gennaio 2020 - 14:40
Cinque persone sono state arrestate oggi nel corso di un’operazione dei Carabinieri (con il supporto della Guardia di Finanza) nell’Oltrepò Pavese e in altre regioni. L’inchiesta, coordinata dalla Procura di Pavia, riguarda un nuovo presunto scandalo sul vino contraffatto. Secondo le accuse, gli arrestati avrebbero spacciato per Doc e Igt vini di qualità inferiore, prodotti con uve non certificate come biologiche o addizionati con aromi o anidride carbonica. Perquisizioni in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Trentino Alto Adige.
I provvedimenti emessi dalla Procura (5 arresti e 2 obblighi di firma) riguardano titolari di aziende vinicole e cantine sociali, ritenuti responsabili a vario titolo e in concorso tra loro di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e contraffazione di indicazioni geografiche o denominazione di origine di prodotti alimentari. Al centro dell’indagine figurano in particolare i vertici di una cantina oltrepadana, che, secondo l’accusa, con la complicità di enologi di fiducia avrebbero messo in commercio vino contraffatto per quantità, qualità e origine attraverso un sofisticato sistema di alterazione.
Per produrre falso vino con marchio Doc, Igt o Bio, non esitavano anche a «miscelarlo» con acqua, zucchero (per aumentare la gradazione alcolica) e anidride carbonica (per renderlo più effervescente). È quanto è emerso dall’indagine della Procura di Pavia che ha portato all’arresto di 5 persone e all’emissione di 2 obblighi di firma. Dall’inchiesta, avviata nel settembre 2018, erano emersi consistenti ammanchi di cantina: ossia la differenza tra la quantità fisica di vino presente nelle cisterne e quella commerciale riportata nei registri (che era decisamente superiore). «L'ammanco, risultato pari a circa 1.200.000 litri - sottolinea un comunicato congiunto di Procura, Carabinieri e Guardia di Finanza -, ha determinato per il produttore una ulteriore possibilità di vendita di vino contraffatto per un valore economico di svariati milioni di euro. L’ammanco è stato dolosamente creato falsificando le rese dell’uva per ettaro mediante bolle di consegna relative ad uve mai conferite in azienda da agricoltori compiacenti». In pratica per soddisfare la richiesta del mercato di vini di qualità, secondo l’accusa venivano prodotti con alterazioni e sofisticazioni non dannosi per la salute ma comunque assolutamente vietate dalla legge. «Purtroppo è doloroso constatare - ha aggiunto il procuratore Giorgio Reposo - che a distanza di pochi anni dalla precedente indagine sui falsi vini Doc in Oltrepò Pavese che aveva coinvolto circa 200 persone, quella lezione non è servita». All’inchiesta ha collaborato anche l’ispettorato per la repressione delle frodi del ministero delle Politiche Agricole.
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