L'ANALISI
09 Settembre 2019 - 19:30
L’Amazzonia brasiliana continua a bruciare ad un ritmo drammatico: solo nell’ultimo anno la deforestazione del più grande polmone tropicale del mondo è triplicata, con i dati di agosto che parlano di un incremento del 300% rispetto ad un anno fa. E mentre gli esperti temono si possano superare i 10 mila chilometri quadrati rasi al suolo a fine anno, i roghi non si fermano e i responsabili restano impuniti. Malgrado nell’ultimo biennio si siano registrate più di 2.500 denunce giudiziarie al riguardo, non esiste un solo processo che si sia chiuso finora con una sentenza di condanna. Secondo le cifre diffuse dall’Istituto di Ricerche Spaziali (Inpe), responsabile del monitoraggio satellitare del territorio, nell’agosto scorso l’Amazzonia brasiliana ha perso 1700,8 km quadrati di vegetazione, rispetto ai 526,5 km quadrati dell’agosto del 2018. Un aumento quindi del 300% sul periodo, e del 100% se si guarda al risultato sui primi otto mesi dell’anno. Agosto è da sempre uno dei mesi di maggiore siccità in Brasile, e dunque di incendi naturali, ma quest’anno - sottolineano i media locali - i roghi hanno avuto un notevole aumento a causa delle azioni criminali degli agricoltori, in particolare dei produttori di soia e dell’opera di disboscazione. È in base a questi stessi dati forniti dall’Inpe che la Procura federale, attraverso il suo programma Amazonia Protege, registra le denunce legali degli incendi dolosi e ne segue l'andamento processuale: dal novembre del 2017 al maggio scorso sono state presentate 2.539 denunce, una media di 5 al giorno, ma finora non c'è stata nemmeno una condanna finale. Le denunce si concentrano nei quattro Stati con i maggiori tassi di deforestazione - Mato Grosso, Parà, Rondonia e Amazonas - e, in base ai calcoli della Procura, i 2.882 imputati, se trovati colpevoli, dovrebbero sborsare indennizzi per 5,1 miliardi di reais, pari a circa 1,2 miliardi di dollari. Il governo di Jair Bolsonaro è stato accusato di aver favorito questa impennata nella deforestazione dell’Amazzonia, il che ha causato forti frizioni con il presidente francese Emmanuel Macron e con l’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, che è tornata oggi a denunciare quella che ha definito «una catastrofe umanitaria» per le popolazioni indigene che vivono nella foresta, con «un impatto terribile per tutta l’umanità». Bachelet ha chiesto ai governanti dei Paesi amazzonici di "implementare al più presto politiche ambientali a lunga scadenza e sistemi di incentivazione che rilancino la sostenibilità» della foresta pluviale, e ha appoggiato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha proposto una riunione internazionale ad hoc per discutere dell’Amazzonia, a margine dell’Assemblea Generale che si apre il prossimo 17 settembre a New York.
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