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CRONACA

Morto l'imprenditore Soffiantini, l'investigatore Mariconda: 'Fu come se avessero rapito mio padre'

Oggi funzionario presso la questura di Cremona, all'epoca del rapimento guidava la Squadra Mobile di Brescia

Fabio Guerreschi

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fguerreschi@laprovinciacr.it

12 Marzo 2018 - 10:21

Morto l'imprenditore Soffiantini, l'investigatore Mariconda: 'Fu come se avessero rapito mio padre'

BRESCIA - Morto nella notte, a 83 anni, Giuseppe Soffiantini, l'imprenditore attivo nel settore tessile, che nel 1997 venne sequestrato e rimase nelle mani dei rapitori per 237 giorni. Soffiantini fu liberato nel 1998 dopo il pagamento di un riscatto di 5 miliardi di lire. L'83enne era ricoverato da qualche giorno a seguito di problemi cardiaci.

Una storia, quella del rapimento dell'imprenditore di Manerbio, legata a doppio filo con Cremona. Quando Soffiantini venne rapito a seguire le indagini c'era Marco Mariconda, all'epoca capo della Squadra Mobile di Brescia e oggi capo della sezione della Pg della Polizia di Stato presso la Procura di Cremona. Intervistato dall'Ansa, Mariconda ripercorre alcuni momenti di quei 237 giorni. Tra poche ore di sonno e tanta tensione, Mariconda ricorda quando pensò che Soffiantini fosse stato ucciso. «Fu dopo la morte di Samuele Donatoni (ispettore del Nocs, ndr) a Riofreddo, dopo la cattura e la morte di Mario Moro. Ci fu il silenzio dei sequestratori e pensammo che fosse stato ucciso dai carcerieri prima di fuggire. Invece, quando lo vidi, in questura a Firenze, libero, pensai di trovarmi di fronte a un uomo resuscitato e, quando ci abbracciammo, pensai a Donatoni, il cui sacrificio non era stato inutile». 

Nei giorni dell'attesa ha iniziato racconta sempre Mariconda, è nato anche  un rapporto divenuto indissolubile con Soffiantini e i figli. «Un giorno uno di loro mi chiese: come fate a lavorare così tanto, come reggete tutta questa tensione? Riuscii solo a dirgli: perché è tuo padre, ma poteva essere il mio. Mi piace pensare a Soffiantini - ricorda il poliziotto - come a un uomo che visse due vite: una prima del sequestro, la seconda a liberazione avvenuta. E dal dolore di quei giorni è nato con lui e i suoi figli un rapporto indissolubile».

Questo sul fronte umano, mentre, su quello professionale, il poliziotto conserva la soddisfazione per il fatto che tutti i componenti della banda furono catturati, l’ostaggio liberato e buona parte del denaro del riscatto recuperato. 

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