L'ANALISI
Da martedì 24 giugno con «La Provincia» in vendita nelle edicole il libro di Carlo Maria Grillo
18 Giugno 2014 - 13:17
CREMONA — Sentimento considerato esecrabile, irrazionale, viscerale, eppure così umano: alle Riflessioni anodine su vendetta... e dintorni è il titolo del nuovo libro di Carlo Maria Grillo, attualmente presidente della Corte d’Appello di Trento. Il volume è arricchito dalla prefazione di Vittorio Feltri e a partire da martedì prossimo sarà in vendita in edicola con «La Provincia» al prezzo di 4,80 euro, cui va aggiunto il costo del quotidiano. Grillo ha ricoperto tutti i ruoli nella magistratura ordinaria e tributaria e ha all’attivo un centinaio di pubblicazioni per lo più in materia di salute, diritto e ambiente, oltre che collaborazioni con enciclopedie, riviste e collane giuridiche. Questo suo ultimo lavoro, però, non si rivolge solo agli addetti ai lavori e offre un interessantissimo excursus sul rapporto tra vendetta e giustizia, concedendosi divagazioni in campo artistico e filosofico, letterario e cinematografico. La vendetta, riconosce Grillo nel capitolo introduttivo, è un «comportamento generalmente aborrito, soprattutto dai buoni cristiani (per i quali la miglior vendetta è il perdono), di cui pertanto si dovrebbe parlare solo in termini di incondizionata condanna, senza necessità di approfondimenti. Ma io, come dicevo, non sono un buon cristiano».
La vendetta è pur sempre una forma di giustizia primordiale, una sorta di ‘risarcimento’ da parte delle vittime o dei familiari desiderosi di riparare il danno subito, e non a caso per gli antichi Greci Nèmesi, dea della vendetta era anche la personificazione della giustizia compensatrice. Perché c’è appunto un rapporto storico stretto tra la vendetta e la giustizia. Oggi si è passati «dalla giustizia come legge (medioevo) alla legge come giustizia, anche se la prima deve essere, per sua natura, generale ed astratta, mentre la giustizia non può che riguardare specifici casi concreti». Un medioevo che pure non è troppo lontano. Grillo ricorda che fino al 1999 il codice penale italiano prevedeva pene più miti «per i delitti generalmente commessi nel corso del duello, purché fossero state osservate dai duellanti le ‘consuetudini cavalleresche’». Senza dimenticare che solo nel 1981 è stato finalmente abrogato il delitto d’onore.
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