Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

Una Tari mostruosa e la giungla delle partecipate

Gigi Romani

Email:

lromani@laprovinciadicremona.it

13 Luglio 2014 - 10:47

Una Tari mostruosa e la giungla delle partecipate
La politica ha mille modi per spremere cittadini e imprese. Lo scopo è quello di fare cassa e le vessazioni del contribuente hanno quasi sempre il crisma della legalità. E’ legittimo il recente, abnorme aumento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti di ristoranti e pizzerie, applicato a Cremona. Ma un provvedimento legalmente corretto, non necessariamente è giusto e ogni atto finalizzato a ripristinare condizioni di equità deve essere compiuto con la massima determinazione. Siamo cittadini, non sudditi e, grazie a Dio, esiste ancora la libertà di dissentire da decisioni che nei fatti risultano soprusi e angherie. I ristoratori e i pizzaioli cremonesi hanno non solo il diritto, ma anche il dovere di ribellarsi e di cercare con ogni mezzo lecito di evitare di pagare una gabella come la Tari applicata alle aliquote massime consentite. C’è da augurarsi che una palese ingiustizia come quella perpetrata ai danni degli esercenti pubblici risvegli il comune senso civico. Ribellarsi è giusto, si gridava nel ‘68. Forse è il momento di rispolverare quello slogan. Quella contro la Tari è una battaglia giusta, non un’iniziativa intrapresa per difendere un interesse corporativo. La tariffa è fissata dal Comune, ma è la municipalizzata, controllata dall’amministrazione municipale, a gestire la partita dei rifiuti. Anche il riordino delle società partecipate, che costano allo Stato 26 miliardi di euro all’anno, merita l’attenzione della collettività per almeno due motivi. Queste aziende assorbono enormi risorse pubbliche e sono carrozzoni utilizzati dai partiti per garantire lo stipendio ai loro giannizzeri. In tempi lontani questo giornale affrontò il tema del quale adesso si sta occupando il commissario per la spending review Carlo Cottarelli. Eravamo partiti da Crema e avevamo constatato come la galassia delle società partecipate del circondario, una pletora di aziende e di controllori che controllavano se stessi, fossero più attente alla spartizione delle poltrone nei consigli d’amministrazione che a erogare servizi al cittadino Ai proprietari, cioé i Comuni azionisti, era sfuggita l’effettiva responsabilità delle partecipate, governate da consiglieri nominati col manuale Cencelli. Ha trattato la questione di recente il procuratore generale della Corte dei conti, Salvatore Nottola. Il magistrato ha notato come i costi dovuti alle inefficienze delle aziende pubbliche gravino sullo Stato e direttamente sulla collettività attraverso i meccanismi tariffari. Il caso più macroscopico è quello del gruppo cremasco Scrp. Nel 2013 ha su- bìto una cura dimagrante: da 8 società controllate è sceso a 6. Sono stati tagliati i consigli d’amministrazione ma lo snellimento non è servito a migliorare i conti. Oggi Scrp è una società con 11 dipendenti: un dirigente, un quadro e 9 impiegati. Ha senso che sia dota- ta di un consiglio d’aministrazione formato da 5 membri, equivalenti alla metà dei suoi dipendenti? Scrp non è una delle 2.671 aziende indagate da Cottarelli, dove i consiglieri sono più numerosi dei dipendenti. Ma si avvicina a quei casi limite. Con l’aggravante che nelle società partecipate la oggettiva impossibilità dei sindaci-soci di controllare l’operatività dell’azienda favorisce lo scarto tra le scelte compiute e i bisogni dei cittadini. E tutto ciò spesso sfocia nella cattiva gestione. Le società partecipate dalle amministrazioni pubbliche formano una giungla inesplorata, composta da oltre diecimila società gestite perlopiù con criteri clientelari. Si stima che la loro eliminazione produrrebbe risparmiare tra i 12 e i 13 miliardi e che a beneficiarne sarebbero lo Stato e i cittadini, sui quali ricadono i costi coperti dalle tariffe. Paghiamo più del dovuto per un sistema di gestione inutilmente complesso e in molti casi scarsamente produttivo. Al disastro delle partecipate descritto dai giudici contabili non si rimedia con correttivi, certo encomiabili, come quelli sollecitati dal sindaco di Crema, poi realizzati da Scrp. La giungla va disboscata se si vuole trasparenza ed efficienza. Bisogna azzerare le società e ridisegnarle in funzione delle necessità reali. La struttura deve essere organizzata sulla base delle strategie operative, non per mantenere inutili consigli d’amministrazione o dipendenti lottizzati. La gestione deve essere simile a quella dell’azienda privata, che utilizza capitali propri. La necessità di contenere la spesa pubblica pone per la prima volta in evidenza la centrale degli sprechi composta dalle partecipate. Il lavoro di Cottarelli è indispensabile, ma si deve razionalizzare partendo anche dal basso. Scca, la società che a Crema gestisce il calore, ha un deficit pauroso. Sindaco Bonaldi, dia il buon esempio: prenda le forbici e la tagli.
Vittoriano Zanolli
Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400