L’incarico di formare il governo, che il Presidente della Repubblica affiderà a Matteo Renzi, non è solo il risultato di una congiura di palazzo, per dirla con l’ex ministro alle Politiche giovanili Giorgia Meloni. Le procedure sono saltate a ogni livello, a cominciare dal Pd, dove la spallata a Enrico Letta era nell’aria ancor prima che il sindaco di Firenze diventasse segretario. La parte del Paese abbagliata dal rampantismo renziano sorvolasuaspetti eticicheinvecemeritano una riflessione. Pare che a ll ’improvviso tutti abbiano dimenticato il logorio al quale il Premier e l’esecutivo, pur non esenti da colpe, sono stati sottoposti. Questa azione di demolizione scientifica aveva un obbiettivo, le dimissioni di Letta, e due sbocchi: le elezioni o un nuovo governo. Considerata la ferma volontà del Capo dello Stato di evitare il ritorno alle urne senza una nuova legge elettorale, non c’era alternativa alla costituzione di un nuovo esecutivo. Con un cinismo e una spregiudicatezza da far impallidire D’Alema, Renzi ha sfiduciato il suo compagno di partito e si sacrifica, si fa per dire, prendendone il posto. Nemmeno nella Democrazia Cristiana dei tempi più bui si sarebbe consumato impunementeunsimile regolamento di conti. Codice etico e disciplina di partito vengono seppelliti nel silenzio generale. Letta ha evidenziato grossi limiti, questo è vero, e ancor più gravi ne hanno manifestati alcuni ministri, principalmente quelli economici. Ma nessuno crede che l’avvicendamento a Palazzo Chigi avvenga per i ritardi nella realizzazione del programma che rallenta le riforme e ostacola l’uscita del Paese dalla crisi. Letta è stato costretto a lasciare non perché inadeguato, ma per l’ambizione smisurata del segretario che stava perdendo popolarità e consensi nel sostegno al suo compagno di partito. Renzi ha deciso di giocarsi l’intera posta. Accetta il mandato conferitogli dal Capo dello Stato senza lo scudo della consacrazione delle urne. E’ un fatto irrituale, ancor più anomalo dell’incarico affidato aMario Monti che fu scelto non come politico ma come tecnico e che per questo ebbe la fiducia di Pdl e Pd. Si dimenticano le torbide vicende degli ultimi mesi per celebrare l’avvento del nuovo uomo della Provvidenza.
Commentatori politici e gente comune mostrano lo stesso atteggiamento acritico che accompagnò l’ascesa al potere di altri personaggi forti. Senza scomodare la storia e risalire a Benito Mussolini, basti pensare a Bettino Craxi e a Silvio Berlusconi. Non è solo il Paese piegato dalla crisi che guarda a sinistra a confidare nelle capacità taumaturgiche del novello messia della politica. E’ un comportamento che nel tempo si ripete. Appartiene al dna degli italiani affidarsi a un leader e credere nelle missioni salvifiche. Il regnante di turno viene poi detronizzato con la stessa facilità con cui era stato incoronato. Pur consapevoli delle ombre che accompagnerebbero il probabile sbarco di Renzi a Palazzo Chigi, sarebbe un errore negargli preventivamente la fiducia. Non ha precedenti, ma è positivo che un sindaco in carica diventi presidente del Consiglio. Forse i problemi che maggiormente affliggono i Comuni, a partire dai problemi economici e dalle difficoltà a rispettare il patto di stabilità, potrebbero trovare finalmente la giusta attenzione presso il nuovo governo. E’ sufficiente che Renzi realizzi parte del suo ambizioso programma di riforme per rivoluzionare il Paese. Bastano la soppressione delle Province, il superamento del bicameralismo perfetto, la revisione della spesa pubblica e la realizzazione del patto per il lavoro. Lo svecchiamento, non solo anagrafico, è cominciato. E questo è solo un bene per l’Italia. L’accelerazione impressa dal segretario del Pd all’iter per l’approvazione della nuova legge elettorale fa sperare nell’avvio di un’autentica fase riformatrice. Poiché sperare non costa nulla, auguriamoci che la ventata di rinnovamento porti aria fresca anche in provincia. C’è da augurarsi che il decisionismo renzista prevalga sull’a tten dismo che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni di attività amministrativa cremonese. Sappiamo chi sono i candidati sindaco che voteremo il prossimo 25 maggio, ma non conosciamo i loro programmi e i tempi che si danno per attuarli. Diffidiamo dei proclami e di chi annuncia che rivolterà l’Italia come un calzino. Ci basta avere, qui e a Roma, persone normali che lavorino per costruire un Paese normale. Vittoriano Zanolli