Un anziano è aggredito in casa a Cremona da due malviventi incappucciati che lo legano, lo imbavagliano, lo picchiano e lo rapinano. Uno dei due banditi, un pluripregiudicato albanese con una serie di precedenti impressionante per quantità e varietà di reati viene catturato e associato alle patrie galere. Se la normativa fosse adeguatamente severa e la giustizia funzionasse, il soggetto in questione sarebbe da tempo posto in condizioni di non nuocere: si troverebbe rinchiuso in un carcere italiano o, preferibilmente, nel suo Paese. Invece era libero di scorrazzare col suo complice su e giù per la Penisola, spavaldo e impunito come decine e decine di criminali domestici e importati. E’ vero che la popolazione carceraria è in prevalenza straniera, ma è sbagliato il sillogismo immigrato- delinquente, agitato da alcuni per fini demagogici. E’ scorretto non solo perché la stragrande maggioranza dei cittadini extra comunitari lavora onestamente e fa i mestieri che noi rifiutiamo, contribuendo al mantenimento di interi settori produttivi e alla formazione del prodotto interno lordo. Insieme con migliaia di brave persone, giungono in Italia malviventi a frotte perché sanno di rischiare molto meno qui che nei loro Paesi d’origine, siano essi la Romania, l’Albania, il Nord Africa, l’India o il Sudamerica.
Nell’ipotesi remota di un arresto, confidano nelle maglie larghissime della giustizia e nel buonismo peloso della politica, pronta a risolvere, si fa per dire, il problema del sovraffollamento delle carceri con un’amnistia o un indulto. Le attività delinquenziali risultano storicamente facilitate da uno Stato imbelle che misconosce l’importanza della sicurezza e destina mezzi e risorse insufficienti alle forze di polizia che fanno quel che possono e anche di più. La doverosa regolamentazione dei flussi migratori avrebbe effetti marginali sui reati contro il patrimonio che aumentano perché le norme, e chi le applica, non fanno argine alla criminalità. Nuovi malavitosi sono sempre pronti ad aggiungersi o a sostituire i vecchi, in assenza di efficaci deterrenti. Pene certe e severe e tolleranza zero verso chi infrange la legge contribuirebbero a diffondere un maggiore senso di sicurezza tra la gente e a incrementare la fiducia nelle istituzioni, oggi ridotta ai minimi termini. E’ un impegno che la giovane classe politica deve assumere con la nazione ed è uno dei primi investimenti da compiere per chi vuole costruire un’ Italia migliore. I dati del Viminale relativi allo scorso anno descrivono un Paese sempre meno violento. Anche in questa, come in molte altre indagini, cifre e statistiche offrono un’i mmagine parziale e distorta della realtà. Nel 2013 gli omicidi sono stati ‘solo’ 480, il dato più basso dall’Unità d’Italia. Eppure aumenta il senso di insicurezza.
La spiegazione è semplice, ma la soluzione complessa. Nel cittadino cresce la percezione dei pericoli derivanti dalla presenza di delinquenti comuni che incutono forse più paura dei criminali incalliti. Mentre tutti siamo potenziali bersagli dei primi, i professionisti del crimine colpiscono in modo mirato, selettivo. E’ inevitabile che l’opinione pubblica sia più turbata dall’aggressione al vicino di casa, dalle truffe agli anziani, dalle rapine, dai furti in casa, dagli scippi e dai borseggi che si ripetono ogni giorno piuttosto che dagli omicidi. Sono i cosiddetti reati comuni quelli che suscitano più rabbia e indignazione. Restiamo sbigottiti di fronte all’audacia di singoli e gruppi che osano violare anche le abitazioni dei magistrati. Probabilmente non verranno catturati e la loro impunità concorrerà ad accrescere la percezione di insicurezza della gente, che è soggettiva, ma non meno importante e degna di considerazione. Alla paura provocata dallo stillicidio di violenze, raggiri e ruberie potrebbe subentrare l’abitudine, poi la rassegnazione e infine l’i ndifferenza. E’ ciò che non vogliamo. La sicurezza è un diritto fondamentale della persona che oggi più che mai lo Stato deve garantire. Vittoriano Zanolli