Niente è più definitivo del provvisorio, soprattutto in Italia. Questa verità trova conferme ogni giorno. Perciò è prevedibile che fra tre anni i treni passeggeri non riprenderanno a circolare sulla Cremona-Piacenza. Il dubbio diventa certezza quando la promessa di riaprire quella tratta è fatta da un politico (uno dei tanti), l’a ssessore ai Trasporti della Regione Emilia, Alfredo Peri, intervenuto ieri all’i na u g ur azione della nuova strada per Soarza. La soppressione di un servizio che bene o male funzionava da ottant’anni è stata decisa alla chetichella e annunciata quattro giorni prima che diventasse effettiva. La sostituzione dei treni coi pullman, in vigore da domani, aumenterà i tempi di percorrenza e i disagi. Per smorzare la protesta dei rappresentanti degli enti locali, la Regione ha estratto dal cilindro un bando di gara europeo che scadrà a metà 2014 per l’ammodernamento di tutte le linee emiliane e romagnole. Ma per la Cremona-Piacenza quel progetto ha tutta l’aria di essere un libro dei sogni. Se è vero che su questa tratta la Regione deve coprire l’80 per cento dei costi di esercizio a causa del basso numero di viaggiatori, anziché il 60 per cento come avviene di norma, quale investitore privato, italiano o straniero, metterà soldi in un’impresa fallimentare? Nessuno spenderà per acquistare nuovi treni e materiale rotabile. Solo gli enti locali e lo Stato potrebbero destinare risorse per finanziare un servizio economicamente in perdita ma socialmente utile. Invece il potere pubblico trascura e poi dismette un’attività che arricchisce il territorio, rinunciando al ruolo che gli spetta e che dovrebbe svolgere. A questo errore aggiunge quello di mettersi in competizione con se stesso e con i privati da cui derivano il discutibile impegno nell’al ta velocità e il deprecabile abbandono del trasporto ferroviario locale. Consolerà l’ass esso re regionale emiliano, non i sindaci cremonesi e piacentini e tanto meno i pendolari sapere che il Piemonte sta tagliando il 20 per cento dei servizi ferroviari. E non fa presagire nulla di buono il passaggio della gestione della Cremona- Fidenza da Trenord a Trenitalia.
La Caporetto dei treni cremonesi non finisce qui. Anche Casalmaggiore protesta per la soppressione del convoglio serale da Parma a Verona, che segue al taglio di otto corse da Crema a Milano deciso l’estate scorsa. Ricordiamo anche che quattro anni fa venne cancellato il collegamento veloce da Cremona a Roma e che migliaia di cittadini firmarono per chiederne il ripristino. Le firme furono consegnate a Roberto Formigoni in visita a Cremona e le sue promesse non sono state mantenute. Non ci meravigliammo allora e non ci illudiamo adesso. Ora come allora ci indigniamo invece per le logiche che portano Stato e Regioni a investire sulle linee più importanti e a trascurare quelle secondarie. Arriveremo al punto che anche la Ma nt ov a- Cr em on a- Mi la no verrà giudicata marginale e la si lascerà morire. Sul fronte ferroviario come in molti altri settori, la Pubblica amministrazione fa scelte contrarie alle indicazioni fornite dal commissario straordinario alla spending review. Carlo Cottarelli ha spiegato che i tagli lineari sono sbagliati: lo sono nella sanità, nell’istruzione e nei trasporti. Nell’ambito ferroviario, sopprimere linee storiche come la Cremona-Piacenza è ancora più grave perché impoverisce il territorio e induce a usare l’auto che solo a parole si vuole disincentivare. Così facendo, aumenta lo squilibrio tra le varie modalità di trasporto a esclusivo favore della gomma che è quella a maggiore impatto ambientale. Visto che tagliare (più a parole che nei fatti) è argomento oggi di moda, ci permettiamo di rinnovare l’invito a considerare la salutare cancellazione delle Regioni, questa sì da attuare in modo lineare. Suggeriamo di cominciare da quelle a statuto speciale, carrozzoni mangiasoldi, per proseguire con tutte le altre. Basterebbe seguire l’esempio della Spagna. Il parlamento iberico è grossomodo la metà del nostro e la struttura amministrativa è molto più snella. Sarà un caso se Madrid sta uscendo dalla crisi prima e meglio di noi? Vittoriano Zanolli