I l presidente della Provincia di Cremona sperava che il raddoppio dell’ex Paullese tra Crema e Spino d’Adda diventasse il fiore all’occhiello della sua gestione, l’unico colto nel giardino appassito di un’Amministrazione che ha poche medaglie da appuntarsi, vuoi per mancanza di soldi, vuoi per gli errori che hanno impedito la realizzazione di progetti importanti, come l’ingresso di soci privati nella gestione del ciclo idrico urbano. Massimiliano Salini confidava di riuscire dove i suoi predecessori hanno fallito: completare la trasformazione di una delle arterie più trafficate e pericolose d’Italia in una strada moderna e sicura. Quei sette chilometri in territorio cremasco coronano il sogno di molti politici e di tutto il Sud Lombardia. Lodi e Milano avrebbero fatto la loro parte e in pochi anni i territori cremonese e mantovano si sarebbero trovati molto più vicini al capoluogo regionale. Apprezzeremo i benefici delle quattro corsie già dal 2015, se le ditte associate Vezzola e Carron riusciranno a rispettare il crono programma e soprattutto se il ricorso pendente al Tar della Paolo Beltrami spa non ipotecherà il futuro. E’ legittimo appellarsi alla giustizia se si ritiene di avere subìto un torto. La ditta cremonese l’ha fatto, ritenendo la sua offerta migliore di quella risultata vincitrice.
E’ comprensibile che Salini esprima disappunto sull’istanza di sospensione dell’aggiudicazione dei lavori che accompagna il ricorso e che rinvia alle calende greche l’apertura del cantiere, inizialmente prevista a giugno. Lo stop dei lavori sarebbe una sconfitta per la Provincia e per tutto il territorio che da tempo immemore attende l’ampliamento dell’ex statale fino al ponte sull’Adda. Diventa incerto l’obbiettivo di dotare rapidamente questa parte di Lombardia di una strada degna della regione più ricca d’Italia. Chissà sino a quando la Paullese rimarrà incompiuta ed emblema della povertà infrastrutturale del Cremonese. E per quanto tempo ancora sarà velleitario progettare il rilancio economico del territorio con i trasporti che ci ritroviamo. S e abbiamo treni da terzo mondo e strade vecchie e insufficienti dobbiamo ringraziare i politici che dal dopoguerra ci hanno rappresentato prima in parlamento, poi anche in Regione. Si deve alla loro ininfluente presenza in quelle sedi lo scarso peso che storicamente Cremona esercita a Roma e a Milano. Chi decide non solo ci ignora, ma non esita a danneggiarci. Non dimentichiamo che il Pirellone aveva pensato di regalare al nostro territorio una gigantesca discarica d’amianto anziché treni confortevoli e puntuali e un Po navigabile tutto l’anno che potesse diventare un’alternativa ecologica e concorrenziale al trasporto delle merci su gomma. La Regione di Formigoni è stata matrigna con noi, si è detto opportunamente al neo assessore regionale alle Attività produttive Mario Melazzini, durante la sua recente visita in città.
I 40 milioni di euro per il rifacimento della conca di Cremona sono stati cancellati, come pure i 180 destinati ai Comuni rivieraschi per il rifacimento dell’eco-sistema fluviale e i 14 per il terminale ferroviario dell’area industriale cittadina. Intanto l’area di Tencara, strategica per lo sviluppo industriale della provincia, non decolla, anche per le titubanze del Comune di Cremona. A queste condizioni è impossibile attrarre investimenti privati, magari anche dall’estero, e creare occasioni di sviluppo. E nessuno riuscirà a fermare il declino perché anche la carta della cultura, che quest’anno si arricchirà del Museo del Violino, può risultare vincente solo se giocata in un contesto adeguato. E le infrastrutture sono un fattore determinante per il successo di qualsiasi iniziativa imprenditoriale, pubblica o privata. Nell’ambito generale della rete viaria, il collegamento con Milano, stradale e ferroviario, è il più strategico. E’ già grave dovere aspettare altro tempo per l’ampliamento dell’ex Paullese che da trent’anni attende il rifacimento. C’è da augurarsi che il Tar di Brescia decida in fretta, senza attardarsi nell’esame delle duemila pagine che fotografano l’iter dell’assegnazione dei lavori. Se l’opera venisse consegnata fuori tempo massimo, cioè quando l’Expo Milano 2015 è terminata, subiremmo l’ennesima beffa che si aggiunge all’onta di essere stati esclusi dai finanziamenti. Vittoriano Zanolli