L'ANALISI
27 Febbraio 2017 - 14:04
Centottantaduemila euro spesi in poco più di due anni per rivitalizzare zone ‘morte’ di Cremona sono molti, troppi, se tutto resta com’è. Sono pochi se si riesce a riportare la gente nelle vie e nelle piazze meno frequentate. C’è un altro criterio per valutare la redditività dell'investimento: la durata del risultato conseguito. Se i cittadini partecipano agli eventi, ma una volta terminata l’animazione si ripiomba nell'abituale desolazione, il bilancio è negativo. Il piano di rilancio funziona invece se qualche frutto si raccoglie anche nel tempo, a sipario calato. Alla luce di queste considerazioni ha avuto un esito fallimentare la cosiddetta rigenerazione urbana, cioè il pacchetto di iniziative promosse dall’Amministrazione comunale tra il 2014 e il 2016. Faremmo un torto all’intelligenza dell’assessore Barbara Manfredini se la ritenessimo convinta, come afferma, che le onde blu dipinte sull’asfalto di corso Garibaldi, le scritte rosse in largo Boccaccino, gli spettacolini, i concertini, i giocolieri, gli appuntamenti per le famiglie e i fumetti abbiano rianimato gli angoli di città che li hanno ospitati anche dopo la loro conclusione. Erano trovate estemporanee, alcune originali e apprezzabili, come il bel canto davanti al Cittanova o i concerti dal balcone della casa di Antonio Stradivari. Ma tutte lasciano il tempo che trovano. Si è fuori strada se davvero si pensa di rianimare il centro di Cremona con quei progetti, nessuno escluso.
La velleità delle attuali politiche richiama quella non meno evidente della ‘città bambina’ voluta da un’altra Manfredini, Cristina, esponente della giunta Dc-Pci tra il ‘90 e il ‘95. L’allora assessore ebbe la balzana idea di trasformare il centro urbano in un giardino per l’infanzia con tanto di festine e giochi: un progetto che nessuno ha più ripreso. Non c’è pregiudizio generazionale in questa critica. Qualsiasi spettacolo, purché di qualità, è degno del palco del Ponchielli o delle quinte del Duomo e del Torrazzo. Quelle non erano iniziative di pregio, come non lo sono la maggior parte di quelle promosse oggi. Se l’aspettativa era togliere dalla sofferenza zone centrali e periferiche, anche il giudizio sui costi non può che essere negativo. L’estemporaneità e l’effimero sono figli del nostro tempo. Per costruire qualcosa di stabile servono azioni di tutt’altra natura. Per questo è sbagliato attendersi qualsiasi forma di rigenerazione o di rinascita urbana da iniziative spot o improvvisate. Non è con le recite oratoriali, con tutto il rispetto per gli oratori, che il centro torna stabilmente a rianimarsi. Nemmeno gli eventi servono a questo scopo. Occorrono interventi strutturali. Ai più gravi errori urbanistici del passato non si può rimediare. Quello macroscopico resterà la costruzione del centro commerciale a ridosso della città. Perciò occorrono progetti compensativi che rimedino in parte a quei disastri. La riqualificazione delle ex colonie padane è uno di questi, come lo fu negli anni Ottanta l'allestimento del parco al Po. Anche la pavimentazione di pregio di corso Garibaldi va in questa direzione. Lasciamo invece il red carpet al Festival di Cannes. E soprattutto finiamola di ingannarci con la rigenerazione urbana.
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