L'ANALISI
09 Gennaio 2017 - 13:11
Turisti in piazza del Comune davanti alla Cattedrale di Cremona
Lo scorso anno allo Iat, l’ufficio turistico del comune di Cremona, si sono presentate 31.503 persone. Nel 2015 se ne sono contate 43.740. L’assessore Barbara Manfredini motiva questa apparente Caporetto col confronto tra dati non omogenei. Da luglio 2015 la provincia ha diminuito da sei a quattro pomeriggi alla settimana l’apertura dello sportello. Il funzionamento ridotto è rimasto col passaggio della competenza di questo servizio al comune e permane tuttora. Le cifre fornite dallo Iat, obietta ancora l’assessore, sono parziali perché tengono conto solo di chi chiede informazioni. Per non essere seconda a nessuno, Crema ha tenuto chiusa la sede della Pro loco nel periodo natalizio, precludendosi ogni possibilità di dare degna accoglienza a qualche visitatore e di registrarne la presenza. E’ una lampante dimostrazione di sfiducia nelle proprie capacità attrattive, che contrasta con i proclami fatti durante l’Expo 2015 dalla giunta cremasca che prevedeva l’arrivo in città di frotte di visitatori. O si decide che gli sportelli turistici non servono e li si chiude o si investe, potenziandoli. Cremona crede nell’utilità dell’ufficio Iat e ha in cantiere la sua riqualificazione strutturale e tecnologica. Spenderà fondi regionali per sviluppare una sinergia tra pubblico e privato che consenta di adeguare il servizio ai moderni standard qualitativi e sta predisponendo un osservatorio incaricato di raccogliere i dati di tutte le presenze turistiche, compresi quelli delle strutture ricettive e dei musei. Insomma, il comune investe sull’accoglienza.
Ma la città è accogliente? Quante occasioni si offrono a chi non è mai stato a Cremona di venire a visitarla? E chi già la conosce quanto è invogliato a tornare? I tesori architettonici e artistici identificano Cremona nel mondo. Non è retorica, ma la realtà. Il Torrazzo, il duomo, il battistero e il palazzo comunale non bastano ad alimentare un flusso turistico costante. Sono necessarie iniziative di vasto richiamo inserite in un calendario annuale. L’amministrazione cerca di muoversi in questa direzione, creando collaborazioni con le città vicine e anche all’estero. Ma sconta errori del passato che forse sono irrimediabili. Quindici anni fa, quando Cremona era già in declino, prendeva forma il progetto di un centro commerciale a ridosso delle abitazioni che ha dato il colpo di grazia alla città. Su Cremona si è abbattuto uno tsunami che ha marcato l’impotenza di tutte le amministrazioni che si sono avvicendate. Anziché predisporre un piano di rilancio con una seria riqualificazione del tessuto urbano, ci si è arresi a un destino che sembrava ineluttabile. Si potevano introdurre incentivi fiscali per attirare nuove attività economiche e aiutare quelle in difficoltà. Si doveva evitare di trattare la città come un videogioco, aprendo e chiudendo a capocchia le strade di giorno o di notte. Bisognava sin da allora concentrarsi sullo sviluppo economico di un capoluogo che andava impoverendosi. Adesso nessuno parla più di isola pedonale attrezzata. Ztl è una sigla che evoca pandemie nei commercianti, ma non è l’unica origine dei loro mali, che sono anche i nostri. Oggi non basta più un fitto calendario di manifestazioni di qualità per fermare la recessione. Il male supremo non è la carenza di turisti, ma l’assenza dei cremonesi che non vivono più la loro città. Siamo noi i primi ad abbandonarla. La desertificazione della galleria 25 Aprile, fenomeno sul quale tempo fa riflettevamo, è uno dei sintomi, non l’unico, di uno svuotamento che è sociale, economico e demografico. Pensiamo al numero crescente delle case sfitte, dei negozi vuoti e alla quasi totale scomparsa delle sale cinematografiche dal centro. Discutere sui flussi turistici con l’assessore alla Rigenerazione urbana fa velo di un fatto ben più grave ed evidente: la città langue.
Non siamo noi a dovere suggerire le terapie adatte a rigenerarla. Ma non si aspetti il miracolo per rianimare un paziente in coma.
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