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18 dicembre

Scandali per salvare le vittime predestinate

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19 Dicembre 2016 - 10:39

Scandali per salvare le vittime predestinate

Un altro insospettabile è caduto in trappola. L’ex presidente della società di calcio dilettantistica Torrazzo è finito agli arresti domiciliari con l’accusa infamante di abusi sessuali su minori. La vicenda giudiziaria di Giuseppe Garioni presenta analogie con quella che ha visto indagato e poi condannato don Mauro Inzoli. Pur con tutta la prudenza che è necessario mantenere in questi casi e il rispetto per chi al momento è solo indagato, gli addebiti all’ex dirigente sportivo sono macigni: avrebbe sfruttato il suo ruolo per irretire le giovanissime vittime. Lo stesso avrebbe fatto per almeno vent’anni il capo carismatico del movimento Comunione e Liberazione in provincia di Cremona. Le motivazioni della sentenza di condanna del religioso a 4 anni e 9 mesi di reclusione forniscono un quadro e dettagli agghiaccianti che La Provincia ha riportato solo in parte, tralasciando quelli più scabrosi. Le venti pagine scritte dal giudice Letizia Platè descrivono i fatti e soprattutto danno un’idea del clima nel quale quegli episodi avvennero. Gli abusi si ripeterono per un periodo così lungo perché maturati in una situazione di violenza psicologica che garantiva l’omertà. Secondo il giudice, don Inzoli approfittò con spregiudicatezza della sua posizione di forza e prestigio tradendo la fiducia riposta in lui dai giovani nei momenti di confidenza dei loro problemi e anche nel segreto della confessione. Su questa falsariga si sarebbe mosso con i piccoli calciatori il loro presidente. Non con tutti però, solo con i più deboli, principalmente stranieri.

Uno di loro, ormai affermato professionista quarantenne, ha raccontato la sua esperienza. Ricorda di avere resistito al ricatto e al tentativo di plagio mentre altri suoi compagni ai quali mancava il sostegno di una famiglia solida cedettero alle molestie. Chi, come lui, non subiva, sapeva e taceva. La verità si leggeva nella vergogna dipinta sui volti delle vittime che non parlavano perché paralizzati da un senso di profondo disagio. Nella condizione di silenzio omertoso, alimentato dalla sudditanza psicologica e dalla paura, si muovevano e ancora oggi operano indisturbati i pedofili, protetti da un sistema creato da loro stessi e che regge grazie all’acquiescenza di istituzioni che insabbiano, temendo gli scandali. Prima che Benedetto XVI lanciasse una crociata contro i preti pedofili, la Chiesa copriva se appena poteva farlo. E' accaduto anche con don Inzoli. Quando le sue malefatte furono segnalate ai superiori, l'allora vescovo di Crema tacque. E gli abusi continuarono. E' stato Oscar Cantoni a diffondere la notizia della sospensione ‘a divinis’ di don Mauro, decisa dal tribunale ecclesiastico il 26 giugno 2014. E fece scoppiare lo scandalo. Qualcosa sta cambiando, ma non va sottaciuto che il Vaticano rifiutò di aderire alla rogatoria internazionale promossa dal pubblico ministero che chiedeva i nomi delle vittime delle attenzioni morbose. Non collaborò nelle indagini. La Santa Sede si giustificò dicendo che gli atti erano coperti dal segreto pontificio. Se fosse dipeso dalle autorità religiose, don Mauro non avrebbe mai risposto davanti alla magistratura ordinaria dei reati commessi. C’è ancora molta strada da fare perché le potenziali vittime siano tutelate, in famiglia, a scuola, negli oratori, nelle società sportive, nelle comunità e nel privato. Forse sono necessari altri scandali perché chi abusa dei minori non trovi più complicità e coperture. Meglio una parola in più, magari fuori posto, che tanti silenzi prudenti e ipocriti.

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