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13 novembre

L'Ibis chiude, città condannata al declino?

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14 Novembre 2016 - 11:09

Hotel Ibis verso la chiusura, 13 dipendenti a rischio

Per una città come Cremona che fino a poco tempo fa lamentava una storica carenza di ricettività alberghiera, la chiusura di un hotel è un segnale allarmante. Dovrebbe scuotere politici, operatori economici e associazioni professionali. E’ un fatto grave, che va al di là della perdita di 13 posti di lavoro, che comunque non è poca cosa in un mercato asfittico come il nostro e in una situazione di perdurante crisi generale.

I dipendenti dell’Ibis saranno in mobilità a fine anno, quando l’insegna sparirà dall’immobile che sorge all’angolo tra via Mantova e via Antiche Fornaci. Per loro c’è la possibilità più teorica che reale di venire ricollocati all’interno del gruppo. Chiude il più grosso hotel del capoluogo e abbandona la piazza una catena presente nel mondo con 3.800 strutture. La smobilitazione è motivata da ragioni economiche.

AccorHotels dichiara che le spese di gestione sono insostenibili. Se per la multinazionale francese l’affitto è troppo caro, ben difficilmente un altro gestore si offrirà di subentrare. Considerato il progressivo svuotamento dei negozi del centro dovuto alle pigioni troppo elevate, c’è da chiedersi se le richieste non siano fuori mercato. Calano, talvolta definitivamente, le saracinesche perché i costi fissi non consentono ai proprietari di diminuire le locazioni e il ridotto volume d’affari delle attività commerciali non garantisce margini di guadagno agli affittuari. Le oltre cento stanze dell’Ibis sono troppe per Cremona. Non lo erano trent’anni fa. Le strutture si saturano solo in occasione degli eventi fieristici di grande richiamo, quando le più grosse manifestazioni portano in città migliaia di turisti.

La concorrenza di bed & breakfast e privati che affittano appartamenti anche per brevissimi periodi ha accelerato il tracollo, ma se un albergo come l’Ibis oggi è sovradimensionato, non è solo per la concorrenza delle piccole strutture. Qualcosa è cambiato in città. Con la perdita di oltre diecimila abitanti avvenuta nel giro di poco tempo, sono tramontate le prospettive di sviluppo degli anni ‘80. Il calo demografico è stato l’inizio di una discesa che oggi pare inarrestabile. Non si riescono a raccogliere i frutti di quel poco che è stato seminato per rendere Cremona più attrattiva.

Adesso gli sforzi si moltiplicano, soprattutto per consolidare l’immagine di città d’arte e della musica. Venerdì Comune e Regione hanno firmato un progetto che destina 1,2 milioni di euro alla promozione del nostro patrimonio culturale. Verranno spesi per sostenere la filiera turistica, migliorare l’accesso ai musei e potenziare le dotazioni infrastrutturali e tecnologiche. Ma senza i grandi eventi sono semi che non germogliano. Si organizza ben poco in città oltre alle manifestazioni consolidate e più popolari promosse da CremonaFiere, dal Teatro Ponchielli e dal Museo del Violino. Tutte le iniziative finalizzate a intensificare i rapporti di collaborazione con le province vicine possono contribuire a togliere la città dall’isolamento. Ma non bastano. Occorre pensare in grande, contando principalmente sulle proprie forze. E non rassegnarsi al declino.

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