L'ANALISI
31 Ottobre 2016 - 11:40
L’esperienza insegna che le previsioni sull’andamento dell’economia devono essere valutate con cautela. Ondeggiamo su un’altalena sapientemente manovrata da centri studi più o meno autorevoli che comunicano senza soluzione di continuità notizie positive e negative. Le une e le altre vengono utilizzate a seconda della convenienza dai partiti e dai referenti politici dei tre schieramenti presenti in Parlamento. Ognuno tira l’acqua al suo mulino al punto che è azzardato dare credito anche alle fonti indipendenti, ammesso che ve ne siano. Succede che perfino l’Istat smentisca se stesso, e il clima di incertezza aumenta. Capita invece che nello stesso giorno arrivino due inattese ventate di ottimismo: l’occupazione è in ripresa anche a Cremona e l’agricoltura ha interrotto la discesa. I dati incoraggianti sulle assunzioni effettuate nel 2016 sono stati comunicati dal sistema informativo Excelsior che Unioncamere realizza in collaborazione con il ministero del Lavoro. Un’impresa del territorio su cinque quest’anno prevede di assumere. E’ un dato in linea con quello nazionale e leggermente superiore alla media regionale: in Lombardia il 18,9 per cento delle aziende ha fatto o ha in programma assunzioni. Cremona è preceduta solo dalla provincia di Sondrio dove un’azienda su quattro nel corso del 2016 assumerà. Si recuperano 6 punti in Italia rispetto al minimo storico registrato nel 2013. I dati, in sé aridi, svelano una realtà estremamente interessante. Per le imprese che esportano, che innovano e in quelle tecnologicamente più avanzate la propensione ad assumere è nettamente superiore alla media.
La fotografia scattata da Unioncamere presenta analogie al quadro del settore primario tracciato dal ministro per le Politiche agricole al termine della visita alle Fiere zootecniche di Cremona. Mentre lo scorso anno Maurizio Martina si era detto scoraggiato per le difficoltà che tutti i comparti agricoli indistintamente stavano attraversando, oggi si guarda al futuro della zootecnia con più fiducia. Permangono parecchie incertezze dovute alle dinamiche di mercato e alle decisioni che l’Unione Europea prenderà. Il rapporto tra i costi e i ricavi penalizza il reddito dei produttori italiani in misura maggiore rispetto agli agricoltori degli altri Paesi comunitari. L’obiettivo da perseguire, ma difficile da raggiungere, è la globalizzazione dei costi, che creerebbe parità di condizioni. Tuttavia, come ha rimarcato Martina, oggi le prospettive ci sono. Fino a ieri non lo si poteva dire. E’ un fatto nuovo, come inedita è l’importanza che l’esecutivo dà all’agricoltura. «Per trovare un governo che abbia tagliato i costi agricoli come il nostro bisogna risalire a Marcora» commentava il sottosegretario Luciano Pizzetti. Un’affermazione di parte, è vero, ma confermata dagli addetti ai lavori, che ricordano quanto il mitico Albertino ha fatto da ministro tra il 1974 e il 1980 per l’agricoltura e gli agricoltori italiani. La svolta rispetto a un passato oscuro nel quale, ricordiamolo, si è anche votato a un referendum sulla soppressione del ministero dell’Agricoltura, è il fatto che il settore primario non sia più un ‘di cui’ dell’agenda del governo. Non è residuale. E non c’è tema economico che non abbia un aggancio agricolo. Finalmente viene riconosciuta centralità economica e politica al comparto che garantisce al Paese l’approvvigionamento alimentare. C’è voluta quasi una generazione perché ciò accadesse. Meglio tardi che mai.
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