L'ANALISI
05 Ottobre 2016 - 04:00
Qualcuno dice che è più importante fare domande che ricevere risposte. Se è così, ne abbiamo qualcuna da rivolgere agli amministratori che negli ultimi trent’anni hanno governato Cremona. Lo facciamo per riflettere sul cambiamento della città, sapendo che per certi errori non c’è rimedio. Il pretesto lo offre l’operazione nostalgia compiuta ieri sera in Galleria XXV Aprile dove si sono ritrovati molti ex frequentatori abituali, abbondantemente oltre gli ‘anta’. Avviata su Facebook, l’iniziativa ha raccolto in un battibaleno centinaia di adesioni. Si sa, ogni amarcord fa proseliti. Lo vediamo in tv dove le trasmissioni che propongono ‘come eravamo’ fanno il pieno d’ascolti. Varrebbe la pena di riflettere sulla propensione di un Paese a volgere lo sguardo al passato, che è quasi sempre e un po’ per tutti migliore del presente e più rassicurante di un futuro che promette incertezza e ansia. Ci si rifugia nei ricordi, come hanno fatto i partecipanti alla reunion di ieri. Hanno ripetuto il rito della vasca, spinti dalla curiosità di rivedersi in quel contesto e di riconoscere volti e amori dimenticati. E’ confortante ritrovarsi e lo è ancora di più in una città piccola, dov’è quasi impossibile perdersi di vista.
Forse qualcuno di loro si sarà chiesto perché i giovani non si ritrovano più lì. Dovrebbero chiederselo gli amministratori pubblici, vecchi e nuovi. E’ vero, oggi i ragazzi non hanno bisogno di una piazza per incontrarsi. Sono sempre in contatto tra loro e la realtà virtuale ha preso il sopravvento su quella concreta. Per frequentarsi non occorre più uno spazio fisico. Bastano i social network. E’ pur vero che nelle loro migrazioni serali i giovani hanno scelto altri punti di incontro e che il baricentro urbano si è spostato al CremonaPo che offre tutto ciò che gli adolescenti e non solo loro cercano.
Per un motivo o per l'altro la Galleria non è più quel luogo vivo e coinvolgente che abbiamo conosciuto e frequentato a cavallo tra gli anni settanta e ottanta. Un fatto è incontestabile: non ci sono stati interventi finalizzati a rianimare quel passeggio e il centro storico in generale. Tutti sono venuti meno a quest’impegno. Cambiano i suonatori ma la musica resta la stessa. Aumenta il numero delle case sfitte, non si contano i negozi chiusi e i giardini pubblici sono un luogo sinistro che le periodiche incursioni delle forze dell’ordine non riescono a restituire alle famiglie e ai giovani. Le montagnole erano zona franca, espropriata dai tossicomani, ma ciò non impediva alla gente ‘normale’ di frequentare abitualmente la zona. L’immagine di abbandono che la Galleria trasmette non dipende tanto dall’incuria. Brutta era e brutta resta. Sono le saracinesche abbassate, che difficilmente si rialzeranno, a fare la differenza tra un passato che suscita rimpianti e un presente e un futuro che non recupereranno nulla dei bei tempi andati. L’apertura di supermercati di grandi dimensioni in centro e nella prima periferia ha strozzato il commercio di vicinato. La battaglia in consiglio comunale sulla licenza all’Esselunga nell’ex Combattenti di via Ghisleri e poi quella sulla Coop nell’ex Feltrinelli non avevano per nessuno dei contendenti l’obiettivo di salvaguardare la rete di botteghe storiche e la vivibilità del centro cittadino messe a repentaglio da progetti devastanti per una città come Cremona. Avevano finalità squisitamente politiche ed economiche. Era in atto una spartizione che vedeva da una parte schierati la Democrazia Cristiana e i suoi satelliti e dall’altra il blocco socialcomunista. Agli interessi dei partiti si aggiungevano quelli personali. A giochi fatti, chiusa quella pagina indecente, nessuno si è posto il problema di fare qualcosa di serio per rianimare il centro. Perché l’operazione amarcord non sia fine a se stessa, qualcuno in Comune incominci a interrogarsi su errori e omissioni del passato e su che cosa si può fare oggi.
Forse le risposte arriveranno.
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