L'ANALISI
12 Settembre 2016 - 10:13
Senza la netta presa di posizione dell’Osservatorio nazionale amianto e in assenza di un’interrogazione parlamentare, il Comune di Cremona si sarebbe affrettato ad avviare i lavori di bonifica alla scuola elementare Trento e Trieste? Messa alle strette, incalzata da politici, tecnici, genitori e insegnanti, l’Amministrazione ha aperto il cantiere prima della data inizialmente prevista. In presenza di seri rischi per la salute come quello rappresentato da una lastra rotta da mesi nella copertura degli spogliatoi della palestra, è censurabile anche un solo giorno di ritardo a intervenire. E’ risaputo che le fibre d’amianto sono friabili e perciò potenzialmente inalabili per qualsiasi sollecitazione esterna. E il tetto della palestra è rimasto esposto in quelle condizioni alla pioggia e al vento. E’ noto anche che una volta respirata, la polvere d’amianto si accumula nei bronchi e negli alveoli polmonari, provocando danni irreversibili ai tessuti, spesso di natura cancerogena. Le minoranze, entrate a gamba tesa nella vicenda e in modo un po’ sgangherato, hanno fatto comunque il loro dovere. Hanno agito per il bene comune e nell’interesse dello stesso sindaco e assessore alla partita, mettendoli alle strette. E’ assurdo che maggioranza e opposizione si dividano e litighino su questioni riguardanti la salute pubblica quando dovrebbero agire di concerto per raggiungere più in fretta l’obiettivo. E’ da ingenui sorprendersene perché così funziona la politica in Italia ma è sbagliato rassegnarsi perché tutti noi ne paghiamo le conseguenze. La rimozione della lastra incriminata e la bonifica, programmate inizialmente in autunno, sono state eseguite ieri a dimostrazione del fatto che era possibile intervenire prontamente come richiesto da tutti i soggetti coinvolti. Resta aperto il tema delle responsabilità, posto dall’interrogazione del deputato Danilo Toninelli. Da mesi si sapeva che il tetto era sfondato e che era necessario intervenire, a tutela di chi frequenta la scuola e di chi abita nei pressi.
Si è agito tardivamente, solo quando è scoppiato il caso. Appare chiara la sottovalutazione del problema ma saremmo ingenui a sorprendercene. In Italia la scuola è una priorità solo a parole. Secondo i dati Eurostat, con il 4,4 per cento del Pil destinato all’istruzione, il nostro Paese è al ventunesimo posto nell’Unione Europea per investimenti in questo settore. Al nord la spesa è mediamente molto più elevata (8,3% in Danimarca, 7% in Svezia, 6,3% in Finlandia). Spendono meno di noi Grecia (4%), Slovacchia (3,8%) e Romania (3,5%). Il dato rilevato da Eurostat considera tutti i livelli di spesa pubblica, locali, regionali e nazionali, e comprende non soltanto le istituzioni scolastiche e universitarie ma anche le altre istituzioni che garantiscono il funzionamento del sistema educativo nazionale, dai ministeri ai dipartimenti della pubblica istruzione.
Si spende poco (e male) per l’edilizia scolastica e non si tengono nella dovuta considerazione aspetti relativi alla sicurezza e alla tutela della salute se è vero, come scrive nella sua interrogazione Toninelli, che non sono stati ancora assegnati gli appositi finanziamenti. Sarà pur vero che il governo Renzi ha ereditato una situazione disastrosa perché nessun esecutivo che lo ha preceduto ha investito abbastanza in questo settore, come ha dichiarato di recente il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone. Mentre negli ultimi due anni sono stati spesi 7 miliardi e 400 milioni per ristrutturare le scuole. Sarà vero anche che dal 1980 al 2000 sono state messe in sicurezza dal punto di vista sismico tremila scuole e quasi 900 nell’ultimo anno. Sarà vero, insomma, che qualcosa sta cambiando, ma moltissimo resta da fare per mettersi al passo con l’Europa più avanzata. Sono da rimuovere residui di una mentalità che non considera prioritari gli investimenti nell’istruzione. Un Paese che non crede e non spende nella scuola è un Paese che non costruisce il suo futuro.
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