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4 settembre

Quell’inutile discussione tra le nozze gay

Gigi Romani

Email:

lromani@laprovinciadicremona.it

06 Settembre 2016 - 13:50

Quell’inutile discussione tra le nozze gay

Sarà il sindaco a officiare il primo matrimonio tra coppie gay il mese prossimo a Cremona? Dovrebbe essere lui a celebrarlo, evitando di delegare un assessore o un consigliere. Gianluca Galimberti ha tutto l’interesse a non subordinare questo impegno ad altri, istituzionali o amministrativi precedentemente presi, come si suol dire. Dopo le polemiche che hanno accompagnato l’annuncio della disponibilità a sposare coppie dello stesso sesso, la sua presenza avrebbe una forte valenza politica ma ancora più sgnificativa sarebbe la sua assenza, sia pure motivata, che autorizzerebbe gli avversari a tacciarlo di incoerenza. Se sarà lui quel giorno a vestire la fascia, dimostrerà anche di non temere le critiche dei cattolici più oltranzisti che non sanno o non vogliono distinguere tra fede religiosa, convinzioni personali e il senso di responsabilità richiesto a un pubblico ufficiale nell’applicare la legge. Immaginiamo che non sia una decisione facile per un cattolico militante che è stato fortemente impegnato nella catechesi.

Ma unire civilmente gli omosessuali non dovrebbe comportare un conflitto di coscienza che giustifica l’obiezione. Ben diversa è la condizione dei medici che rifiutano di praticare l’aborto, ammesso dalla legge 104 sull’interruzione volontaria della gravidanza. Chi ancora grida allo scandalo per l’approvazione della Cirinnà avvenuta lo scorso 11 maggio dovrebbe chiedersi perché 26 Paesi europei abbiano preceduto il nostro nel riconoscere le coppie di fatto omosessuali e perché l’Italia abbia ricevuto più richiami dall’Ue per il suo ritardo nel legiferare. L’Amministrazione comunale di Cremona ha deciso di adottare per le unioni civili le stesse tariffe dei matrimoni onde evitare odiose discriminazioni. Anche i luoghi scelti sono i medesimi. Su questo aspetto la minoranza attacca e il Pd si divide. I consiglieri della Lista Perri dichiarano che non celebreranno le nozze gay in sala giunta e indicano come esempio Piacenza dove il sindaco dem celebra le unioni civili negli uffici dello stato civile, non nel salone delle feste a Palazzo Farnese.

E’ vero, la legge Cirinnà non equipara quelle che sbrigativamente definiamo nozze gay ai matrimoni, che sono solo tra uomo e donna. Dal punto di vista istituzionale e giuridico le unioni civili si registrano, non si celebrano. E nel decreto attuativo del ministero dell’Interno non è prevista alcuna solennità. Insomma, non si officia un rito. Ma le coppie costituite da persone dello stesso sesso hanno gli stessi diritti e doveri di quelle eterosessuali, salvo la questione delle adozioni e l’obbligo di fedeltà. Se consideriamo le discriminazioni storicamente subite dagli omosessuali e che ancora perdurano, non c’è motivo per tracciare altre linee di demarcazione. Non ha senso scavare nuovi fossati quando si inizia a costruire ponti. Quelle sollevate dal centrodestra sono questioni formali e di importanza secondaria che si prestano a facili strumentalizzazioni da parte dei movimenti lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) e delle forze politiche che fanno una bandiera della lotta all’omofobia, alla xenofobia e a ogni forma di razzismo. Stabilire i medesimi luoghi e gli stessi costi per i matrimoni e per le unioni civili non significa tradire lo spirito della legge che vuole il riconoscimento di diritti e doveri e non l’istituzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Come non dare ragione all’assessore Rosita Viola quando afferma che stabilire sale e orari diversi per gli etero e per gli omo sa di apartheid?

Per una settimana la controversia sulla sala ha monopolizzato la discussione politica, come se a Cremona non ci fosse niente di più importante e urgente del quale occuparsi. Di ben altra portata e complessità è invece il tema delle adozioni, uno scoglio accuratamente evitato dal governo, che prima o poi dovrà essere affrontato. E’ solo questione di tempo.

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