L'ANALISI
22 Agosto 2016 - 12:32
Le disquisizioni teologiche e le dispute religiose separano gli uomini, creano inimicizie e generano conflitti. Quanto sangue si è versato nei secoli e quanto scorre ancora oggi per le battaglie ispirate da fedi diverse se non da interpretazioni differenti del medesimo credo. Basti pensare allo scontro fratricida e millenario dei musulmani sunniti e sciiti, pretesto della guerra tra Iraq e Iran e che continua a seminare morte in Siria, nello Yemen, in Egitto. Non dimentichiamo quanti lutti hanno creato i contrasti tra le diverse confessioni cristiane. Non era questo che voleva Gesù.
Nel definire ‘un gesto enorme’ la partecipazione di fedeli musulmani alla messa celebrata la domenica successiva al barbaro assassinio di padre Jacques Hamal a Rouen, in Francia, la Conferenza Episcopale Italiana ha interpretato nel senso più ampio e profondo il messaggio evangelico. Era inevitabile che questa professione ecumenica suscitasse non solo entusiasmo e consensi ma anche critiche sia tra gli islamici sia tra i cristiani.
Don Giuseppe Nevi, parroco di Sant’Imerio a Cremona, ha avuto l’ardire di sfidare il vescovo e di uscire dal coro. Ma le parole sono pietre, possono ferire e definire un’eresia la presenza di musulmani alla messa suona blasfemo. Il 7 agosto Sadiq El Hassan, rappresentante del Centro culturale islamico La Speranza, e l’imam di Cremona Noureddine Lakrichat avevano sostenuto in Duomo che tutte le religioni pregano lo stesso Dio. E’ un’affermazione sulla quale dissente don Nevi. E’ vero, ogni fede propone qualcosa di buono ma non tutte si equivalgono. Il cristianesimo non è un cumulo di liturgie, regole e precetti, ma è essenzialmente una persona: Cristo. E se non si riconosce la natura divina di Gesù non si accetta il cristianesimo. Ma non per questo le chiese devono essere accessibili solo ai cristiani. Il presidente della Cei Angelo Bagnasco è stato perentorio: la fede non deve dividere gli uomini ma unirli.
Èassurdo impedire a chi vuole la pace di entrare in chiesa e di assistere alle funzioni. Don Nevi vorrebbe tutt’al più incontri all’esterno, quasi che la presenza dei musulmani profanasse il luogo sacro. Ma gli uomini non sono tutti uguali davanti a Dio? Il parroco di Sant’Imerio sostiene la sua tesi con argomentazioni forse ineccepibili sul piano dottrinale e liturgico ma inaccettabili per chi crede che il cristianesimo sia amore, incontro e fratellanza. Don Nevi vorrebbe che i suoi fedeli si scandalizzassero per la preghiera comune con gli islamici e per lo scambio del gesto di pace con chi non è battezzato. E scrive: «Quanta umanità e quanta poca divinità si respira nelle nostre liturgie», come se umano e divino fossero alternativi. Incontrare i musulmani nelle chiese e pregare con loro non significa rinunciare alla propria religione ma, come afferma don Alberto Franzini, parroco del Duomo, «presentarsi agli altri con l’umiltà e il coraggio della nostra fede per poter compiere passi autentici di amicizia». La posizione critica assunta da don Nevi con la difesa aggressiva di confini identitari ci interroga sul ruolo delle religioni. Oggi è facile associare l’islam all’intolleranza, alla violenza e al terrorismo, complici i combattenti del sedicente Stato islamico che giustifica le loro azioni efferate con la guerra santa predicata dal Corano. Tutto ciò alimenta un clima di intolleranza e la diffidenza verso i musulmani. Iniziative come l’incontro nella Cattedrale di Cremona e nelle chiese italiane e francesi aiutano a superare le barriere fisiche e mentali che crescono spontaneamente in un contesto nel quale i rapporti con le comunità arabe sono sempre più complessi. La religione può, deve essere un’occasione di incontro e conoscenza anche per laici e non credenti.
Ma quanti don Nevi ci sono tra noi? Diffidiamo dei predicatori islamici seminatori di odio. Ma anche chi si trincera dietro le liturgie e l’eresia delle forme non porta acqua al mulino della pace. Ogni fondamentalismo è da ripudiare. In nome di Cristo sono stati compiuti genocidi per i quali papa Wojtyla ha chiesto scusa. Diffidiamo di chi si serve della religione o della politica per mascherare l’incapacità di accettare gli altri. Benedetto XVI disse che il dialogo da perseguire tra cristiani e musulmani non è di carattere teologico ma che si basa sulla concezione dell’uomo, della sua dignità, sulla difesa dei valori morali e sull’impegno per la pace e contro ogni fondamentalismo violento. Anche negli incontri interreligiosi di Assisi con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI — il prossimo sarà con Francesco il 20 settembre — finora non si è pregato insieme ma ci si è trovati nella città francescana a pregare ciascuno secondo la propria tradizione e liturgia. C’è chi è rimasto perplesso non per la presenza dei musulmani in Duomo ma per il canto del Corano, un atto di culto islamico che non andrebbe fatto nel tempio di un’altra fede. E’ una valutazione rispettabile ma tutto sommato marginale rispetto all’urgenza di confronto, dialogo e conoscenza reciproca. E per il principio di reciprocità è auspicabile che le preghiere cristiane risuonino in moschea quando il vescovo Napolioni e i sacerdoti ricambieranno la visita.
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