L'ANALISI
22 Agosto 2016 - 12:17
La Francia respinge al confine i profughi, l’Italia subisce e l’Europa tace. Non c’è da stupirsi se i cittadini britannici hanno scelto la Brexit per paura di vedere replicate a Dover le scene degli sbarchi diventate famigliari sulle coste italiane. Meglio fuggire da un’Europa così, è stato il rozzo, ma efficace messaggio di Farage e dei suoi, che oggi rimbalza da un capo all’altro della nostra Penisola per bocca dello stato maggiore leghista e non solo. Da due anni siamo alle prese con l’emergenza migranti, un’emergenza che non è più emergenza. E’ la normalità. In assenza di interventi coordinati a livello continentale e mondiale dovremo abituarci alle immagini di Como, Milano e Ventimiglia, ai disperati accampati davanti alla stazione centrale o nei parchi della città lariana. Oggi si riversano nella metropoli e in prossimità dei valichi dei Paesi che non offrono ospitalità, domani li troveremo sotto casa. E’ facile prevedere un’evoluzione in tal senso, considerato l’andamento dei flussi migratori dal 2014 a oggi. E’ vero, molti dei richiedenti asilo non si fermano qui ma scelgono l’estero. Ciò non toglie che l’Italia subisca più di ogni altro partner dell’Ue il fenomeno migratorio e sia sottoposta a una pressione sociale senza precedenti e con conseguenze imprevedibili. Siamo prossimi al punto di rottura per la debolezza e lo scarso peso politico, non di quello attualmente in carica, ma di tutti i governi che hanno affrontato il problema. Ma sarebbe ingeneroso e riduttivo addossare ogni responsabilità agli esecutivi nazionali. Se è vero che 20 milioni di persone provenienti dall’Africa sub sahariana nei prossimi anni potrebbero riversarsi sul Mediterraneo, urge trovare soluzioni globali. Non si può pensare di continuare a tamponare le falle quando tutti gli argini di contenimento delle piene sono rasi al suolo. E’ tempo di pensare a un piano Marshall mondiale nei Paesi dai quali i richiedenti asilo fuggono.
Bisogna creare in loco condizioni di vita e di lavoro che li trattengano dal mettere a repentaglio le loro vite per cercare altrove un Eldorado inesistente. Questa è la vera sfida del ventunesimo secolo, non la lotta ad al Qaeda, all’Isis e al terrorismo islamico.
Sul fronte del divario economico Nord-Sud si misureranno la volontà e la capacità dell’Occidente, delle grandi potenze e dell’Unione Europea di costruire un mondo migliore, più giusto e più sicuro.
Intanto l’arrivo costante di profughi — sono 18mila i richiedenti asilo nella sola Lombardia — crea continue tensioni. Da Chieve a Piadena, da Genivolta a Madignano, da Soresina a Soncino, non esiste un Comune della provincia che possa chiamarsi fuori. Se oggi non è alle prese con i flussi, lo sarà domani. Questa situazione inedita di emergenza non più emergenza provoca nuovi conflitti. Assistiamo allo scontro tra istituzioni: Stato contro Regioni e Regioni contro i Comuni che non accettano o che accettano i migranti, come accade nella Lombardia a conduzione leghista. Le municipalità sono in lotta con le prefetture che eseguono gli ordini del Viminale. E i cittadini si rivoltano contro i sindaci, anello terminale della catena e capro espiatorio di una questione che li sovrasta. Ciò che sta accadendo a Madignano e a Villacampagna di Soncino può succedere dappertutto. Va tutelato il diritto del privato di mettere a disposizione di una cooperativa una struttura per l’accoglienza. Ma se la prefettura sollecita i sindaci a offrire alloggi, non li deve escludere quando è il privato a dare la sua disponibilità. Le tensioni sul territorio sono il prodotto dell’arroganza impositiva che regola i rapporti tra i vari organi istituzionali. A farne le spese sono i sindaci e i cittadini. Nello scaricabarile generale capita che in 100 metri quadrati vivano in 15 in condizioni disumane come a Ossolaro, frazione di Paderno Ponchielli e che a un Comune di 968 abitanti come Gabbioneta Binanuova siano imposti 40 immigrati mentre altri paesi riescono a sottrarsi all’obbligo di accoglierli o mettono in atto piani anti profughi al limite della legalità come Soncino. Insomma, è il fallimento della politica, che non è una novità ma che crea disagio sociale e problemi di sicurezza, di ordine pubblico e sanitari. Quanti edifici, tra quelli che oggi ospitano i migranti, sono conformi alle norme di igiene? Basterebbe che i sindaci nella veste di responsabili della salute pubblica utilizzassero l’arma dei controlli per bloccare i piani d’accoglienza. Responsabilmente non lo fanno.
A rendere ancor più inestricabile questo ginepraio c’è la componente monetaria, tutt’altro che marginale. L’accoglienza è un grosso affare. E’ un’attività che alimenta l’economia improduttiva, largamente presente nel Paese. In essa prosperano le cooperative, molte delle quali sorte ad hoc. Uscirne è complicato perché si andrebbero a intaccare interessi e rendite di posizione che godono di coperture politiche. Per molti oggi il profugo è un business, con buona pace della retorica buonista e della solidarietà.
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