L'ANALISI
04 Luglio 2016 - 16:15
Anni fa, nel pieno di una discussione accademica tra accademici, uno dei docenti universitari impegnati nella diatriba sentenziò: ciò che fa la differenza non è quel che fai, ma come lo fai. Si discettava della presunta superiorità degli studi scientifici su quelli umanistici. Qualcuno cercava di dimostrare che la ricerca sulle nano particelle è più importante e utile per il progresso dell’umanità degli studi sulla filologia romanza o della egittologia. A zittire i colleghi fu un professore agli esordi di una brillante carriera che l’ha portato sulle cattedre dei più prestigiosi atenei italiani e stranieri. Quel professore era (è) un cremonese orgoglioso delle sue radici, che nella città natale torna sempre volentieri. Ne conosce pregi e difetti, ma soprattutto ne intuisce le potenzialità, al di fuori degli schemi e degli slogan. Quel che diceva a proposito delle presunte categorie del sapere umano vale per ogni genere di attività: non importa che cosa fai, ma come la fai. La festa dei 45 disc jockey in piazza Stradivari poteva risolversi in una patetica rimpatriata tra nostalgici attempati, stempiati e imbolsiti. Poteva essere la sagra dei rimpianti o rivelarsi un fiasco. Invece è stata un successo. Era vincente l’idea di chiamare sul palco gli animatori di almeno quarant’anni di serate in discoteca. Ma era un azzardo proporre generi musicali che accostano più generazioni: la scommessa è stata vinta. Un pubblico così eterogeneo non si era mai visto a Cremona, almeno negli ultimi anni. E tutto questo nasce dalla fantasia di due cremonesi, i dj Andrea Marchesi e Michele Mainardi che non vedono la loro città attraverso le lenti distorte del provincialismo. E non pensano che Cremona, Crema e Casalmaggiore si debbano accontentare perché non riusciranno mai a supportare iniziative di ampio respiro. C’è chi crede ancora che l’ente pubblico debba limitarsi a finanziare iniziative oratoriali (con tutto il rispetto per gli oratori) perché più di così una città di provincia non può pretendere.
Vittime di questa logica sono state manifestazioni come il Recitarcantando, che proponevano format rivoluzionari per quegli anni e che sarebbero ancora attuali oggi. StraDjvari è stato un evento per Cremona, come lo sono state diverse altre manifestazioni. Molte, come le Corde dell’Anima e il Festival di mezza estate, sono scomparse prematuramente nonostante il loro successo. Altre sono sparite lentamente, soffocate dal conservatorismo che preme per trasformare non solo il capoluogo ma tutte le città e i centri maggiori del territorio in dormitori. Quando non sono i decibel a togliere il sonno ai residenti e a costringerli a barricarsi in casa per difendersi dal frastuono, ci sono altri, molti altri motivi per protestare. Il risultato è che oltre alla Festa del torrone a questa città non sono rimaste molte altre manifestazioni popolari e di certo non di grosso calibro. Eppure la gente risponde, come si è visto giovedì scorso. Basta avere le idee giuste e l’ambizione di puntare in alto. Le Botteghe del Centro hanno dato una lezione all’Amministrazione comunale che almeno stavolta ha convintamente appoggiato la ‘reunion’ dei dj. Si è capito che senza sforzi sovrumani è possibile scuotere Cremona dal torpore che la pervade. Qui trovano terreno fertile le buone idee, che non sono necessariamente legate a iniziative di intrattenimento. Servono capacità professionali, che non mancano, e disponibilità politica, spesso assente, perché germoglino.
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