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Sfuma la certezza del posto fisso a vita

Betty Faustinelli

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bfaustinelli@laprovinciadicremona.it

12 Ottobre 2015 - 11:22

Sfuma la certezza del posto fisso a vita

E’ grave e seria, ha sentenziato il sottosegretario Pizzetti, la prospettiva delineata dallo schema di decreto del presidente della Repubblica sugli accorpamenti delle prefetture.
La conseguenza sarebbe il ridimensionamento dei presìdi di sicurezza (questure e comandi delle forze dell’ordine e dei vigili del fuoco). E’ un rischio da sventare. Il viceministro, artefice dell’accordo sulla riforma del Senato, ha fatto di nuovo leva sulla sua capacità persuasiva per convincere il premier Renzi e il ministro Madia dell’assurdità del provvedimento. Il governo si era cacciato in un altro vicolo cieco dopo quello dal quale non sarebbe uscito senza la mediazione di Pizzetti, negandosi al dialogo con la minoranza dem sulle riforme istituzionali.
La strategia per disinnescare quest’altra mina non è chiara e infatti la responsabile della Pubblica amministrazione, ospite del Pd in città, non ha convinto i sindacati di polizia, che restano sulle barricate. Serve un nuovo guizzo d’ingegno del tessitore cremonese, personalmente impegnato in una partita che non interessa solo Cremona, ma 23 città italiane e altrettante prefetture. Accanto a questo fronte, che ancora non s’è chiuso, se ne apre un altro. Da un anno i dipendenti dell’Am mi ni st razione provinciale vivono con l’incubo del futuro. E da venerdì aleggia su di loro lo spettro della perdita del posto di lavoro.
Il governo ha infatti chiesto un elenco delle figure destinate alla procedura di mobilità. E’ un atto dovuto, si è affrettato a precisare il presidente Vezzini, ma i timori sono fondati: l’ente che sostituirà la Provincia avrà un organico dimezzato. E’ stata redatta una lista delle figure destinate alla procedura di mobilità, termine che nella moderna vulgata è sinonimo di licenziamento, una parola diventata famigliare in moltissimi luoghi di lavoro e in tantissime case, che però resta tabù nel pubblico impiego. Se oggi la si usa in un ente locale, significa che un’era sta finendo.
Ma come in Italia spesso accade, ci si trova davanti al fatto compiuto, senza essere preparati al cambiamento. Si cancellano uffici, funzioni ed enti e non si tiene conto delle persone, come se l’aspetto umano fosse secondario. Senza soluzione di continuità si passa dal garantismo assoluto alla deregolamentazione selvaggia.
La strada che porterà l’Italia ad essere un Paese normale è lunga e tortuosa. Passa attraverso la condivisione di diritti, doveri e regole tra i quali c’è anche l’equiparazione della Pubblica amministrazione al settore privato. I privilegi anacronistici, dei quali ancora godono molti dipendenti degli enti locali e dello Stato, sono da eliminare non per esigenze di bilancio ma per spirito di giustizia.
Se le riforme sono ispirate a questo criterio va da sè che il posto di lavoro non sia più assicurato a vita per nessuno. Questo è sicuramente l’obiettivo finale, che non significa precariato e contratti a termine, ma uniformità di trattamento per tutti i lavoratori nell’ambito delle garanzie e delle tutele. Occorre procedere in modo trasparente e graduale. Invece si creano gli esuberi senza avere predisposto preliminarmenteun piano di ricollocamento. Dalla logica del paracadute sempre aperto si passa al salto nel vuoto. E per chi vive con angoscia il domani è di scarso conforto l’impegnodi condividereogni passaggio con i sindacati e il fatto che per due anni il posto sia salvo.
E’ inevitabile la trasformazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego, ma perché ciò avvenga in modo naturale occorre che cresca e si radichi un diverso modo di pensare. L’Amministrazione provinciale è in attesa che i Comuni delineino le loro esigenze e comunichino quanti esuberi sono disposti ad assorbire.
Crema ha già presentato una prima richiesta, ma tutti i lavoratori contattati hanno rifiutato l’offerta perché non volevano spostarsi. Manca la disponibilità ad affrontare sacrifici perché la mentalità prevalente è quella del posto fisso, sempre e comunque, anche se il lavoro non c’è. Se le riforme fossero chiare e non abborracciate e si sviluppassero lungo un percorso lineare, sarebbe più agevole trovare consenso e disponibilità.
Non dimentichiamo che gli esodati non sono il prodotto dell’incompetenza di un ministro, la Fornero, né di un premier, Monti. Ma di un Paese dove nulla è più certo dell’incerto.

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