L'ANALISI
31 Agosto 2015 - 14:49
L’artefice della spending review, il tecnico che ha indicato la via maestra del risanamento delle finanze pubbliche attraverso una seria e sistematica revisione della spesa, oggi è un apprezzato conferenziere. Si fa la coda per ascoltarlo, com’è accaduto mercoledì scorso a Crema. Sono scene che si ripetono un po’ dappertutto. Dal giorno stesso delle dimissioni, è aumentata la popolarità dell’economista cremonese ingaggiato nel 2013 dall’allora premier Enrico Letta, al culmine di una brillante carriera al Fondo monetario internazionale, interrotta senza pentimenti perché quando il Paese chiama, i migliori rispondono. Forse qualche politico, di sicuro molti burocrati speravano che il commissario straordinario finisse nel cono d’ombra nel quale spariscono molti ex. Auspicavano che attorno a lui calasse il silenzio. Oggi invece Carlo Cottarelli è libero di dire (quasi) tutto ciò che pensa, affrancato com’è dai vincoli governativi. Lo fa senza enfasi e polemiche, con la misura che gli è propria, sicuro com’è del fatto suo. Che avesse le idee chiare su ciò che serve all’Italia per imboccare la strada del rinnovamento e del risanamento lo si è capito subito. Ed è apparso altrettanto evidente che le resistenze al cambiamento sarebbero state un macigno lungo il suo cammino.
Senza l’appoggio del Presidente del Consiglio e il necessario sostegno politico, sarebbe stato impossibile rimuovere quella barriera. Con l’arrivo di Renzi a Palazzo Chigi sono venute meno le condizioni indispensabili al lavoro del commissario. Il suo abbandono lo scorso ottobre è una sconfitta per il Paese, anche se alcune delle sue proposte adesso sono leggi dello Stato e altre lo diventeranno. La sua vicenda personale è emblematica: dimostra quanto forte è il conservatorismo che a Roma come nel resto d’Italia tutela le rendite di posizione e impedisce al progetto riformatore di Renzi di esplicitarsi. E’ paradossale che sia stato proprio l’attuale premier a giubilare Cottarelli. Si può comprendere il divorzio tra i due solo con le chiavi di lettura fornite dai manuali di intrigo politico, in questo caso ordito dai baroni feudali dei ministeri, i dirigenti pubblici inamovibili e più potenti dei ministri stessi. Era impensabile che un tecnico riuscisse là dove tutti i politici prima di lui avevano fallito. Era prevedibile che non l’avrebbero lasciato lavorare, per dirla con una frase usata spesso a sproposito da Berlusconi. Ed era facile bloccarne l’azione, considerata la complessità della spesa pubblica e gli interessi che muove. Ne è una prova la relazione della Corte dei conti sulla gestione finanziaria del 2014 degli enti locali. L’aggregazione dei piccoli Comuni, dicono i magistrati contabili, non solo non fa risparmiare ma aumenta la spesa.
A vent’anni dall’avvio della riforma, il bilancio è fallimentare. Le associazioni tra Comuni che gestiscono insieme alcuni servizi producono oneri aggiuntivi per la collettività. Ciò è dovuto al fatto che una normativa incerta e per taluni aspetti contraddittoria lascia margini discrezionali anche sui servizi che le unioni comunali devono condividere. Le decisioni necessarie ad accelerare il processo aggregativo sono squisitamente politiche, ma non c’è intesa nemmeno sulle soglie demografiche minime delle unioni: 10mila abitanti e 3mila per le zone montane. E la riduzione del personale, che consente i risparmi più consistenti, oggi è improponibile. Su questo versante la revisione della spesa appare ancora una chimera. Anche sulle partecipate, un altro dei cavalli di battaglia di Cottarelli, la semplificazione resta un miraggio. Le società controllate dagli enti pubblici e censite sono ottomila mentre in Francia sono circa un migliaio. Il quadro generale è desolante perché l’Italia procede a passo di lumaca pur avendo un bisogno urgente dei tagli e delle riforme suggeriti dall’ex commissario. Cottarelli confida nel controllo dell’opinione pubblica e dei mass media, che sono lo strumento più potente per scardinare ignavia e gattopardismo. Grazie a Cottarelli, oggi l’Italia è il Paese più avanzato in fatto di trasparenza dei conti pubblici: in rete sono accessibili in tempo reale i dati relativi alla spesa di ogni ente. Perché il Paese cambi, si deve vincere una mentalità e sconfiggere una classe dirigente. Il cittadino onesto non si deve rassegnare ma indignarsi e, se necessario, ribellarsi. Il conferenziere Cottarelli svolge un prezioso ruolo divulgativo. Ma un tecnico del suo spessore deve tornare nella sala di comando, magari col potere di firma che prima non aveva.
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