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Emergenza profughi, per troppi è un affare

Betty Faustinelli

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bfaustinelli@laprovinciadicremona.it

03 Agosto 2015 - 11:47

Emergenza profughi, per troppi è un affare

Sono gli interessi economici a complicare e ad allontanare la soluzione d el l ’emergenza dei migranti. Circolano soldi, e in abbondanza, dal momento in cui un potenziale richiedente asilo si impegna a lasciare il suo Paese d'origine, sino alla sua presa in carico da parte di una cooperativa o di una struttura che gestisce l'accoglienza in Italia. I viaggi della speranza costano.
I lauti proventi delle moderne trasmigrazioni dal Nord Africa, dal Vicino Oriente e dal sub continente asiatico attraverso il Mediterraneo ingrassano organizzazioni criminali che hanno il solo scopo di alimentare questo genere d'affari. Quando il profugo sbarca sulle nostre coste il business continua sotto l'egida della Stato. Ha il crisma della legalità, ma sempre di business si tratta.
Organizzazioni religiose e laiche prosperano sull'ospitalità garantita agli stranieri. Il loro operato non è dettato solo da un encomiabile spirito di servizio e da carità. E' un lavoro che qualcuno deve svolgere finché il flusso dei migranti continuerà. Il punto è proprio questo: chi ha interesse a fermarlo?
Dall'Europa dobbiamo aspettarci ben poco. Chiusi nei loro egoismi, gli Stati comunitari sono più inclini a difendere le rispettive frontiere — come hanno fatto la Francia a Ventimiglia e la Gran Bretagna nel canale della Manica — che a tendere una mano ai governanti italiani. Con ben altro piglio doveva affrontare la questione il premier Renzi nel recente incontro con Hollande. Nessuna forma di collaborazione possiamo aspettarci dai Paesi dai quali i profughi scappano e nemmeno dal governo libico finché la questione non sarà trattata con adeguate contropartite che la sola Italia non può offrire.
Siamo in balìa di un fenomeno epocale inarrestabile, almeno in questa fase. Chi strumentalizza a fini politici il malcontento generale dovrebbe proporre soluzioni anziché vagheggiare improponibili respingimenti dei barconi. A meno che non siamo pronti a sopportare una condanna internazionale e ad avere sulla coscienza il peso della morte di migliaia di esseri umani. L'arrivo di 36 profughi in una struttura privata di Chieve, che si aggiungono agli 8 già presenti sul territorio comunale, suggerisce in che modo evolverà il fenomeno.
Esautorati i sindaci, che in generale fanno barriera all'assegnazione degli stranieri, trincerandosi dietro la mancanza di strutture disponibili, sono i privati a concedere immobili di loro proprietà. Lo fanno senza pretesti moralistici e ipocrisie, col solo scopo di guadagnare.
Com’è accaduto nel Cremasco, i proprietari partecipano ai bandi d'appalto pubblicati dalle prefetture e ottengono l'assegnazione se le case hanno i requisti richiesti. Lo stabile di Chieve trasformato in centro d'accoglienza appartiene a una società costituita poco prima dell'arrivo dei migranti. E' presieduta da un cittadino di nazionalità irlandese che percepirà per questo servizio un compenso di 231mila euro. Dovrà assicurare agli ospiti vitto, alloggio e mediazione culturale, cioè l'insegnamento della lingua italiana, da qui a dicembre.
La pigione è garantita: i soldi arrivano dallo Stato, non da uno dei tanti inquilini morosi che angustiano i proprietari con i loro ritardi. Perché un privato dovrebbe rinunciare a questa possibilità che il mercato gli offre?
I prefetti devono applicare le direttive del governo che esautora i sindaci senza curarsi dell'impatto che tali decisioni calate dall’alto provocano su un Comune come Chieve di soli duemila abitanti. Cinquanta stranieri nullatententi e nullafacenti, bisognosi di tutto e magari con qualche pretesa di troppo sono più di una presenza scomoda in un piccolo centro. Da una parte c'è uno Stato incapace e impotente che scarica sulle comunità locali un problema enorme, risolvibile solo in un contesto internazionale.
Dall’altra ci sono i proprietari di immobili sfitti. In mezzo ci sono i cittadini che chiedono sicurezza, lavoro, ordine sociale. I fondi stanziati dallo Stato servono a tamponare l’emergenza e al contempo l’alimentano. Questo accade perché si affronta una piaga come le migrazioni con gli strumenti del mercato e senza filtri. Le rappresentanze del governo sul territorio sono addirittura esentate dall’o bbli go di fornire comunicazione de ll’assegnazione dei profughi ai sindaci che devono poi gestire le proteste politiche e di piazza.
Oggi è accaduto a Chieve, domani succederà altrove. Siamo tutti esposti. Lo Stato impone ai sudditi le sue decisioni senza preoccuparsi delle conseguenze. E all’i rrisolto problema dei migranti aggiunge quello non meno esplosivo della tensione sociale sul territorio.

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