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A Roma come a Cremona i negozianti sono soli

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09 Novembre 2014 - 12:47

A Roma come a Cremona i negozianti sono soli
E’ lo Stato, non la concorrenza straniera, l’avversario più temibile delle imprese italiane. Dalla sua lunga mano e dalle decisioni improvvide dei suoi rappresentanti si devono guardare tutti gli imprenditori, grandi e piccoli, appartenenti a ogni categoria produttiva. Non si pensi solo alla pressione fiscale insostenibile, a infrastrutture inadeguate alla settima potenza industriale al mondo, a una burocrazia occhiuta e asfissiante e a una giustizia indegna di un Paese civile. Lo Stato si dimostra nemico delle imprese perché attraverso quotidiane vessazioni diffonde una cultura ostile all’insediamento e allo sviluppo delle aziende. In questa fase recessiva il ceto medio produttivo, che non beneficia di ammortizzatori sociali, è abbandonato a se stesso. Dopo quasi sette anni di crisi è il corpo sociale più in affanno ed è quello che più degli altri è scivolato verso il baratro della povertà.

Nel 2013 il 24,9 per cento dei lavoratori autonomi ha vissuto con un reddito inferiore a 9.450 euro annui, che per l’Istat rappresenta la soglia di povertà. Lo rileva la Cgia di Mestre, secondo la quale dal 2008 al primo semestre di quest’anno in 348.400 hanno cessato l’attività, con una flessione del 6,3 per cento, mentre la platea dei lavoratori dipendenti è diminuita del 3,8 per cento. Per i commercianti e gli artigiani che chiudono bottega non ci sono misure di sostegno al reddito. Stessa sorte tocca all’esercito delle partite Iva, al quale sono negate l’indennità di disoccupazione e le varie forme di cassa integrazione. Su questi dati e sulla evidente disparità esistente tra i vari ceti produttivi bisogna riflettere. E occorre farlo a maggior ragione oggi, all’indomani della manifestazione degli statali che hanno protestato a Roma contro il blocco degli stipendi. Gli autonomi non hanno santi in paradiso mentre per il pubblico impiego i sindacati sono pronti allo sciopero generale. Non si chiede di togliere garanzie ai lavoratori dipendenti per trasferirle agli autonomi, ma di estendere l’applicazione degli ammortizzatori sociali a chi oggi non ne beneficia. Sarebbe un doveroso atto di giustizia. Invece l’ostile indifferenza che lo Stato ostenta per il ceto imprenditoriale si allarga agli enti locali sino a manifestarsi alle estreme propaggini della Pubblica amministrazione.

Ne abbiamo una chiara dimostrazione a Cremona dove sembra in atto una congiura ai danni dei negozianti. Alla legittima protesta dei titolari delle botteghe di corso Garibaldi, da anni trascurato dal Comune, si è aggiunta in settimana quella dei loro colleghi del tratto di corso Vittorio Emanuele che la giunta vorrebbe chiudere al traffico nei giorni di mercato. Ventotto commercianti sollecitano l’apertura di un confronto, già chiesto al sindaco ma mai concesso. Vedono concretizzarsi il pericolo della chiusura delle loro attività. Ed è un rischio tutt ’altro che remoto. A cinque mesi dalla sua elezione, il sindaco Gianluca Galimberti nonha fatto nulla perrianimare il centro se non il fiume urbano, un’iniziativa non disprezzabile ma finita miseramente tra le polemiche per i danni provocati dalla verniciatura dell’asfalto. Si pensa di allargare la zona a traffico limitato senza attrezzare preventivamente le aree pedonali. Questo modo d’agire improvvisato e dilettantesco danneggerà ulteriormente una rete di negozi sfiancati dalla concorrenza dei centri commerciali che in città si sono moltiplicati a causa di una fallimentare politica regionale. Anche le variazioni apportate alla viabilità e la geografia dei parcheggi prescindono dagli interessi dei negozianti. A tutte queste considerazioni si aggiunge la sorpresa per l’assunzione di un nuovo dirigente in Comune. Il sindaco aveva promesso in campagna elettorale che non ne avrebbe preso altri e chi ricorda il suo impegno oggi glielo rinfaccia. Attenzione, la fiducia è una cambiale che va a scadenza.
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