L'ANALISI
25 Gennaio 2015 - 12:37
I black bloc schierati
CREMONA — Tre ore e mezza di guerriglia. La città in balìa di duecento black bloc scatenati. Volevano mettere a ferro e fuoco Cremona e lo hanno fatto, tre quarti d’ora dopo la partenza del corteo da via Mantova. Un copione studiato: stop alla manifestazione civile, con l’Anpi, i movimenti, i partiti, e parola ai bastoni.
Non si ricorda in città un pomeriggio come quello di sabato 24 gennaio. Molotov, bombe carta, lancio di sassi e biglie, fumogeni, bastonate, corpo a corpo, tre cariche di polizia e carabinieri. Interi isolati avvolti dai lacrimogeni, centinaia di persone in fuga, con il volto atterrito e gli occhi arrossati. Vetrine di banche, bar, negozi, devastati e imbrattati. Stessa cosa per portoni e infissi di decine di edifici privati. Un treno per Milano fermato, per un quarto d’ora, per permettere ai complici di fuggire. E poi l’attacco al comando della polizia locale, il tentativo di incendiarla, con il sindaco Galimberti chiuso dentro, testimone dell’ennesima distruzione di un giorno che si ricorderà a lungo. Ha vinto la violenza, non il ‘no’ al fascismo, l’obiettivo della manifestazione nazionale organizzata dal Dordoni come risposta all’aggressione avvenuta domenica scorsa davanti a quel centro sociale, quando un gruppo di militanti di CasaPound ha attaccato con le spranghe e ferito gravemente un esponente del Dordoni, Emilio Visigalli, ancora ricoverato in prognosi riservata al Maggiore.
L’appello della moglie per un corteo responsabile, non ha funzionato.
Il bilancio è di otto feriti. Tre carabinieri (lesioni lievi alle gambe) e cinque manifestanti.
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