L'ANALISI
28 Novembre 2025 - 11:03
CREMONA - Torna l'appuntamento con #DIRITTODICRITICA, l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli, che offre agli studenti delle scuole cremonesi la possibilità di esprimere il loro giudizio motivato e argomentato sugli spettacoli in cartellone al Ponchielli. Protagonista di questo appuntamento è 'Nabucco'
GANDAGLIA JACOPO – 5 LICEO SCIENTIFICO ASELLI
È finalmente giunto l’appuntamento più atteso della stagione lirica del Teatro Ponchielli di Cremona. In platea: non una poltrona vuota. In scena: Nabucco di Giuseppe Verdi. Il nuovo allestimento di Federico Grazzini ha l’ormai raro pregio di personalizzare l’opera pur mantenendo una chiarezza e un gusto “tradizionali”. L’unico vero elemento scenografico è infatti una grande gabbia, simbolo di una tirannia che non fa prigionieri, Ebrei o Babilonesi. La regia ruota attorno a questi spunti di riflessione: alle violenze iniziali si contrappone la nonviolenta riconquista del potere di Nabucco, il cui divin prodigio sono le spade infrante al suolo. I costumi di ogni epoca convivono e, in un’atmosfera quasi atemporale, paiono eternare il messaggio dell’opera. Perfino il fulmine che colpisce Nabucco è sostituito da un intervento immanente della spietata Abigaille. Ogni “licenza” è ben integrata da coerenti movimenti scenici e da una meticolosa cura delle luci, che ora proiettano le ombre dei personaggi, ora, profilando la gabbia, isolano i momenti di preghiera. Vocalmente, l’indiscusso trionfatore è Peter Martinčič, che non solo supera brillantemente l’impervia estensione della parte di Zaccaria, ma convince anche come personaggio, sia confortando gli Ebrei, sia incitandoli alla ribellione. Il veterano Angelo Veccia, al netto di una pasta vocale non particolarmente affascinante, tratteggia adeguatamente ferocia, delirio e conversione di Nabucco, dimostrando ottimo controllo di piani e acuti nella preghiera finale. Meritatamente applaudita anche Kristina Kolar nell’ostica parte di Abigaille. Ottima per bellezza timbrica e introspezione nei momenti più lirici, convince meno in quelli “di forza”, sacrificando il frequentato registro grave a favore di quello acuto, quasi sempre a fuoco. Lodevole la prova degli altri solisti: Marco Miglietta (Ismaele) e Mara Gaudenzi (Fenena) sfoggiano dizione e vocalità chiare. Sonori e puntuali gli interventi dei comprimari. Determinante per il successo della serata è l’apprezzata direzione di Valerio Galli, che predilige una nobile compostezza, alla quale tuttavia le percussioni faticano a sottostare. Lo stesso metro è applicato al coro, sempre coeso e in armonia con l’orchestra, ma a cui la rigorosa bacchetta di Galli stenta a dare il trasporto del quale avrebbero potuto giovare la pur buona sinfonia e l’attesissimo Va, pensiero.
RONCHI MATTEO – 4 LICEO CLASSICO MANIN
Scroscianti applausi e un meritato sold out venerdì sera al Ponchielli per la prima rappresentazione del Nabucco, diretto da Valerio Galli, il quale, con la partitura chiusa sul leggio, ha dimostrato grandissima conoscenza della celeberrima terza opera di Verdi. La regia di Federico Grazzini centra l’obiettivo: rappresentare il conflitto tra la violenta crudeltà degli oppressori e l’inesauribile speranza degli oppressi. A ciò contribuisce il mirabile lavoro di Anna Bonomelli, le cui angoscianti scene ci immergono appieno nella terribile devastazione bellica e i cui costumi, emananti una triste sporcizia logorante per gli Ebrei e intrisi di una fredda autorità marziale per i Babilonesi, fanno subito pensare ad una realtà distopica, non lontana da “1984”.
Le luci arricchiscono l’atmosfera, proiettando sulle pareti le drammatiche ombre dei personaggi sul palco, e anche i neon delle prigioni e dell’idolo di Belo, pur con qualche iniziale stupore, si adattano bene all’ambiente.
Tra le voci, la più apprezzata è Nabucco di Angelo Veccia, il quale la modula perfettamente insieme alla recitazione, divenendo il cuore pulsante della messinscena: carica e travolgente nella sua hybris, il cui apice è la frase “Non son più re, son Dio!”, incerta e delirante dopo la punizione, calma e decisa nella redenzione finale.
Il secondo posto va a Zaccaria di Peter Martinčič, abilissimo basso calato meravigliosamente nella parte di saggio vate del popolo ebreo e, al contempo, di resistente baluardo della speranza.
Proseguo con la spietata Abigaille di Kristina Kolar, memorabile più per la sua recitazione che per la sua vocalità, che pure è stata molto valida nella difficoltà.
Infine un grande elogio va al coro di OperaLombardia, che ha saputo incarnare l’immane tragedia di un popolo sconfitto, distrutto e prigioniero in terra nemica: a partire dal supplichevole lamento a Dio “Gli arredi festivi giù cadano”, continuando poi nel finale della prima parte “Oh fuggite il maledetto” e arrivando al massimo culmine con un semplicemente perfetto “Va, pensiero”. Per giunta, ad aumentare il pathos di quest’ultimo momento, si frammette la scena di una bambina che gioca serena, ma subito dopo è portata morta tra le braccia del padre, simile alla famosa scena della bambina col cappotto rosso in Schindler’s List.
Nel complesso, brillante spettacolo che ha stupito l’ingente affluenza cittadina.
UGGERI ANNA – 2 LICEO CLASSICO MANIN
UN NABUCCO CHE IMPLORA PACE
Un’opera che brama tuttora libertà, il Nabucco dalla regia di Federico Grazzini, rappresentata al teatro Ponchielli di Cremona il 23 novembre 2025. Una drammaturgia che scava nell’antico per giungere al moderno, all’attuale, al presente. Il sipario si apre, infatti, su uno scenario senza tempo: sullo sfondo di un mondo ridotto in cenere dalla guerra, una bambina si aggira intimidita tra corpi gettati a terra, immobili, apparentemente inanimati. Pare che le vicende si svolgano oggi, eppure narrano di Nabucco, interpretato dall’abile baritono Angelo Veccia, re babilonese, che desidera annientare il popolo ebraico. L’espressiva mezzosoprano Mara Gaudenzi veste i panni di sua figlia Fenena, innamorata di Ismaele, principe ebreo che contraccambia il suo amore, che è presentata come un inutile pegno di pace tra i due popoli dal basso Peter Martinčič, che sembra in parte sovrastato in principio dalla virtuosa orchestra, diretta da Valerio Galli, ma che riprende potenza nella seconda parte, nei panni del pontefice Zaccaria. Popolazione, quella ebraica, le cui rivolte sono represse da guardie abbigliate come spietate SS e violenti poliziotti delle odierne serie TV, che mostrano nuovamente come la guerra sia una triste costante della specie umana. In abiti nazisti è anche Kristina Kolar, dagli acuti a tratti incerti, nel ruolo della sorella di Fenena, Abigaille, che, anch’essa invaghita di Ismaele, scopre d’essere nata da una schiava e, furente d’ira, anela soltanto al potere. A sovrastare la scena un triangolo luminoso posto a indicare una presenza divina, che inizia a sfarfallare quando fulmina Nabucco, poiché si è dichiarato dio. La popolazione ebraica, rinchiusa all’interno di gabbie senza sbarre, costituite da luminosi neon che paiono intrappolare più del ferro, schiacciata e oppressa, canta la nostalgia della propria patria, mentre una bambina prima gioca spensierata, poi giace morta tra le braccia del padre, uccisa dalla crudeltà umana. Un potente e sempre toccante coro in contemporanei abiti sgualciti è finalmente affrancato dagli uomini di Nabucco, che scompongono elemento per elemento l’enorme cella. Libertà, infine, per questo popolo bistrattato, calpestato, martoriato. Un’opera che pare gridare al mondo: “Quando anche noi saremo in pace?” Il Nabucco non è altro un’invocazione di cessazione delle guerre. Quando?
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