L'ANALISI
20 Novembre 2025 - 05:15
Veduta dell'ultima sala della mostra, con i Popolani all’aperto delle Gallerie affiancati dai Pellegrini di Dallas e Londra
CREMONA - Tutto parte dall’acquisto, da parte del Ministero della Cultura per le Gallerie dell’Accademia di Venezia, della tela di Pietro Bellotti ‘Popolani all’aperto’, «che apparteneva a una collezione privata cremonese e che è stata battuta all’asta Millon all’hotel Continental», racconta Francesco Ceretti (nella foto sotto), ricercatore di storia dell’arte presso Beni Culturali e curatore della mostra ‘Il Rinascimento di Boccaccio Boccaccino’, in corso al Museo Diocesano e curata insieme a Filippo Piazza.


Quasi contemporaneamente all’inaugurazione della mostra cremonese, Ceretti e Piazza hanno tenuto a battesimo la mostra alle Gallerie dell’Accademia, Stupore, realtà, enigma. ‘Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia’, esposizione realizzata con l’apporto di Michele Nicolaci. «Le Gallerie dell’Accademia ci hanno chiesto di valorizzare l’acquisizione del 2023, ‘Popolani all’aperto’, e quella del 2017, ‘Autoritratto in veste di Stupore’, acquistato nel 2017 — spiega il curatore —. Da qui è nata l’idea di realizzare una mostra che permettesse di ripercorrere la pittura del Seicento veneziano. L’ultima mostra che affrontava questo tema risale al 1959, curata da Pietro Zampetti. Ma, come spesso accade, nuove acquisizioni portano ad attribuzioni da confermare e alla possibilità di rileggere pittori apparentemente minori sotto una nuova luce: «Davanti ai Popolani all’aperto io e Filippo Piazza non abbiamo avuto dubbi nell’attribuire la tela a Bellotti; negli anni Sessanta si pensava potesse essere di Giacomo Ceruti — prosegue nel suo racconto —. Così la sfida della mostra è stata quella di mettere in relazione Bellotti con i pittori veneziani a lui coevi e con le diverse tematiche affrontate. Oggi Pietro Bellotti ci dice poco, ma nel Seicento veneziano ebbe un ruolo da protagonista».

Nel descrivere la mostra e il pensiero che sta dietro a ‘Stupore, realtà, enigma. Pietro Bellotti e la pittura del Seicento a Venezia’, Ceretti osserva: «Bellotti è uno degli esponenti più eclettici della pittura tra Lombardia e Veneto, affrontando temi suggestivi, dalle vanitas ai soggetti esoterici e negromantici, tra streghe, parche e filosofi. Soggetti a metà tra genere e allegoria, che andavano di moda nel XVII secolo, come testimoniano anche i lavori in mostra di Luca Giordank, Giambattista Langetti, Antonio Zanchi, oppure di maestri importanti per il Seicento veneziano come Domenico Fetti, Pietro Paolini, Salvator Rosa e il Grechetto — spiega —. L’ultima sala della mostra documenta il grande passo verso la pittura della realtà, che matura trasferendosi a Milano e poi a Mantova, dove fu sovrintendente alle collezioni dei Gonzaga.
«Le opere della fase finale, eseguite tra il 1670 e il 1690, sono votate alla rappresentazione di brani di vita quotidiana, con vecchi mendicanti e pellegrini — prosegue —. Da qui nasce la consapevolezza che Bellotti possa, a tutti gli effetti, essere considerato un anticipatore di quella che viene definita la pittura della realtà. Considerazioni che derivano da opere in mostra che rappresentano prestiti eccezionali, come ‘Il pellegrino’ di Dallas e ‘Il pellegrino con fiasco e mappamondo’ della National Gallery di Londra, un prestito difficile perché l'istituzione londinese è tuttora impegnata nei festeggiamenti del bicentenario. Abbiamo ottenuto prestiti straordinari e importanti da musei come il Museo del Prado di Madrid, il Kunsthistorisches di Vienna, la Staatsgalerie di Stoccarda e le Gallerie degli Uffizi di Firenze».
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