L'ANALISI
IL COMMENTO AL VANGELO
26 Ottobre 2025 - 05:20
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
(Lc 18,9-14)
Un avvertimento per la religione
Come domenica scorsa, anche oggi il brano di Vangelo proposto alle comunità cristiane presenta già la sua spiegazione. Gesù aveva pronunciato la parabola precedente per insistere sulla necessità di pregare senza mai stancarsi. Oggi ecco un’ulteriore sfaccettatura del rapporto con Dio, dentro quel mondo così complesso e delicato che chiamiamo “religione”. Di questo termine è piena la storia: guerre di religione, santi di ogni religione, opere che religiosi hanno costruito per gli ultimi, cattedrali, moschee e templi come luoghi del culto religioso… nel bene e nel male l’uomo ha da sempre avuto un rapporto privilegiato con il sacro, ciò che non si può toccare, è separato e “regola” le cose più importanti della vita. Sino al punto di diventare anche un idolo e autorizzare la violenza. Gesù sa benissimo che sposare una religione, immergersi completamente in essa può generare anche un’intima presunzione di essere giusti e suscitare il disprezzo per gli altri. Proprio nel cuore delle cose più sante, appunto sacre, si può nascondere la tentazione di farsi scudo della propria appartenenza, del proprio status spirituale per distinguersi, elevarsi, separarsi da chi non è come noi. Le più diverse forme di pregiudizio, da quello odiosamente razziale a quello più subdolo all’interno anche delle comunità credenti, partono dall’“uomo vecchio”, dalla nostra condizione difensiva che identifica sempre dei nemici, erige mura di protezione e fa scattare la repulsione per il diverso.
E più un credente si immerge nelle regole e nella bellezza del suo credere, più deve guardarsi dal rischio delle derive prepotenti mascherate da difesa della verità. Gesù non ne fa una questione di relativismo: il fariseo della parabola non viene giudicato male perché fariseo… e “fa bene” ad esserlo nell’osservanza della Torah! Non dimentichiamo le tantissime storie di santità, bellezza e profezia generate da chi di una religione ha fatto la sua ragione di vita: dai mistici contemplativi a chi, per fede, si piega ogni giorno sulle brutture più indicibili causate dal cuore dell’uomo.
Gesù e i farisei
Fariseo per Gesù non è solo sinonimo di falsità o conformismo: la Legge, che Gesù difende in tutta la sua portata altrove, è lo strumento dato all’Ebreo per restare nella comunione con Dio, lo spazio della giustizia che lo preserva dall’impurità. Gesù piuttosto sanziona il rivestimento di qualcosa di morto o morente, perché inquinato dalla presunzione e dal disprezzo. È sempre il cuore dell’uomo ad essere al centro delle parole e dei gesti di salvezza di Gesù: quello va considerato, amato, curato prima e meglio delle sole parole o dei soli riti. Tutto il resto, compresa la galassia del religioso con le sue pratiche e le sue convinzioni, è chiamato a servire a questo scopo. L’atteggiamento del pubblicano, che non appartiene ad un gruppo stimato o competente o ben posizionato e che, anzi, è un “venduto” agli occhi della gente, interpreta l’animo del vero credente. E dunque l’attitudine più profonda della preghiera gradita. Quello di oggi è un Vangelo tutto morale, cioè tutto destinato alla cura del cuore e alla vigilanza necessaria per non consegnarlo alla sclerosi del male.
Qual è il vero cuore di tutto?
Luca ci introduce con questo brano in uno dei temi più straordinari della fede cristiana: da dove partiamo noi e da dove parte Dio; quale rapporto c’è tra la fede e le opere, tra gli atti umani e una benevolenza che scende dall’alto. Anche con una parabola come quella odierna il Vangelo ci ricorda che la giustificazione, il diventare “giusti”, cioè l’abitare il corretto rapporto con Dio, il creato e gli altri, non dipende unicamente dal nostro fare e fare bene. Il credente è invitato a scoprire che all’origine di tutto c’è sempre un amore più grande che aspetta, che resta fedele, che autorizza a vivere prima che ce lo meritiamo. I digiuni e le tasse religiose pagate dal fariseo, la sua scrupolosa osservanza della Legge, non lo potranno mai mettere al sicuro finché lui non scoprirà la fedeltà gratuita e perdonante del suo Dio. Questo ha sempre voluto indicare Gesù, sino alla sua morte.
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