L'ANALISI
12 Maggio 2025 - 11:24
Il colpo d’occhio da una finestra del matroneo meridionale sulla navata centrale e sugli affreschi che hanno assicurato alla cattedrale l’appellativo di Sistina della Val Padana
CREMONA - Per conoscere le vicende più antiche della cattedrale e ripercorrerne la storia stratificata a partire dal terremoto del 1117 (quando il duomo crollò nella parte più alta sino ai capitelli delle colonne) bisogna salire molto in alto, a parecchie decine di metri di altezza, fino a raggiungere i matronei. Che, non inganni l’etimologia, non erano il luogo destinato alle donne durante le funzioni religiose ma una sorta di grande loggiato sopraelevato realizzato per colmare la differenza di altezze che si era venuta a creare tra la navata centrale e le laterali.
Tra l’altro accedervi è complicato, attraverso una porticina della controfacciata che si apre su una scala stretta che corre fra le due facciate, la più antica in mattoni e la successiva in marmo, una scala medioevale con gradini pensati per uomini e donne più bassi di noi e logorati dall’uso. La discesa non è certo più agevole. La fatica però vale la visita, un colpo d’occhio straordinario accoglie i visitatori. Al di sopra delle navate laterali si aprono i matronei che guardano sulla navata centrale attraverso ampie finestre a bifora.
Dai matronei, spalancando i portelloni lignei, appaiono in altezza gli affreschi del ciclo cinquecentesco realizzati sulla parete di fronte, quelli con le storie della Vergine, gli affreschi del lato nord della navata centrale, il catino absidale e la controfacciata opera di altri grandi artisti attivi in città nel Cinquecento come Boccaccio Boccaccino, Gian Francesco Bembo, Altobello Melone e Pordenone. Questo percorso è possibile soltanto nel matroneo meridionale, quello sopra la navata di destra, poiché quello settentrionale è di fatto tuttora impraticabile ed è appunto il matroneo sud che ieri è stato aperto alle visite grazie alle guide di CrArT in collaborazione don la Diocesi, Cremona Sotterranea e dell’Unità Pastorale Sant’Omobono.
L’appuntamento viene replicato domenica prossima con due turni di visita, alle 14.30 e alle 15.30. La prenotazione è obbligatoria a info@crart.it oppure 338 8071208. La visita ai matronei si inserisce nelle celebrazioni dei 500 anni dalla morte di Boccaccio Boccaccino (Ferrara 1467 c. — Cremona 1525) che proprio in cattedrale inizia la sua attività cremonese, chiamato dai fabbricieri nel 1506 per affrescare la zona presbiteriale, il catino absidale, la vela dell’arco trionfale con la scena dell’Annunciazione e le volte.
La figura e l’attività dell’artista incrocia arte, cultura e vita del Cinquecento cremonese, nel quale si inserisce lasciando un importante segno nella produzione pittorica in città: nel 1513 sulla parete settentrionale, a sinistra entrando, esegue le Storie della Vergine sulla parete settentrionale (a sinistra entrando) il ciclo di affreschi che vedrà attivi anche Bembo e Melone. Poi arriveranno Romanino e Pordenone che insieme a Bernardino Gatti concluderanno il ciclo narrativo.
Sono pittori più giovani e ‘più moderni’ «ma Boccaccino rimane un caposaldo da cui partire per narrare il Rinascimento cremonese che attraverso i matronei si offre da un punto di vista privilegiato», spiega Serena Carpaneto di CrArT che ha condotto la visita guidata. La ricostruzione del dopo terremoto valorizzò quanto era rimasto intatto. «Non dobbiamo stupirci se il matroneo presenta arcate sia in stile gotico che romanico. Qui siamo in presenza di un bignami dell’architettura», indicando poi sotto agli archi scritte in rosso, ammalorate o poco leggibili, che scandiscono le metodologie con le quali si è operato e le indicazioni cronologiche degli interventi.
«Boccaccino è stato un artista complesso, il ‘500 un secolo così eclettico che le celebrazioni non si possono esaurire qui», spiega Tommaso Giorgio, presidente di CrArT. Il progetto proseguirà fino alla fine dell’anno con numerose iniziative. Tutte le info sul sito dell’Associazione.
FOTO: (FOTOLIVE/ Paolo Cisi)
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