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Gene della risata

‘Una crepa nel crepuscolo’ di Gnocchi conquista e diverte il pubblico del Sociale di Soresina

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

07 Maggio 2025 - 18:51

Gene della risata

SORESINA - Ci sono serate in cui si è particolarmente predisposti alla risata, ci si lascia andare, si abbassano le barriere difensive, in una parola ci si rilassa e allora la risata diventa intenibile, fa mancare il respiro, si entra in un loop che ti lascia spossato come dopo un’ora di tapirulan. Può accadere anche questo, assistendo a Una crepa nel crepuscolo di Gene Gnocchi, Luca Fois e Massimo Bozza, in scena sabato sera al Sociale, chiusura con sorpresa del cartellone SiFaSera, diretto da Bruno Tiberi.

Un tavolo rosso, Gene Gnocchi, in jeans e maglioncino bluette, nient’altro, eppure tutto ciò basta. Ad un certo punto con Gene Gnocchi è affiancato da Diego Cassani, chitarrista dei Queen, dice lui, in giacca e pantaloncini corti con coppola in testa, figura surreale, spalla di un comico che mette a dura prova la meccanica teatrale, la spiazza, la maltratta, la rende rabberciata eppure funzionale alla risata che toglie il respiro.

Questo accade in ‘Una crepa nel crepuscolo’ che Gnocchi definisce il suo sestultimo spettacolo, angosciato dai sempre più frequenti decessi in sala a causa di un pubblico ormai agé che lo segue da 40 anni e più. La soluzione? Ha chiesto la cartella clinica di tutti gli spettatori ed indica come possibili decessi, visti gli esami del sangue, quelli dei signori… e spara due cognomi. «L’ultima volta quando ho chiesto di spegnere i cellulari, c’è chi ha spento il pacemaker e c’è rimasto secco», racconta.

Sul tavolo con tovaglia rossa damascata Gene Gnocchi armeggia con dei fogli e tutto fa o farebbe pensare a una sorta di ante generale. Che sia così o meno, poco importa. Ciò che conta è l’effetto. Per questo si tenta di non dire le battute, di non raccontare il pretesto: una sorta di bilancio col tempo e con la carriera, un gioco di incontri reali e fittizi con personaggi come Alberto Angela, piuttosto che Maria De Flippi con la voce dell’idraulico di Gene.

La tentazione di svelare il legame fra i tormentoni estivi latinoamericani e Greta Thunberg è fortissimo, ma si preferisce raccontare della modalità di un artista fedele a sé stesso che gioca con l’apparente casualità del suo stare in scena, con quei fogli che rafforzano la memoria e siamo pur sempre al cospetto con un artista di una certa età e con la voglia di cantare, facendolo con dissacrante professionalità. Ci si diverte, si ride alle battute, a un tratto si percepisce un ritmo del recitato franto, quasi improvvisato.

Ci si chiede il perché? Ma è come se Gene Gnocchi non volesse farci credere quello che dice e che fa, volesse buttare tutto in vacca, per poi colpire a tradimento con una freddura, con un’assurdità che solletica le connessioni neurali e scatena la risata. Ed allora ‘Una crepa nel crepuscolo’ è forse la crepa che crea la comicità nelle nostre barriere difensive, è l’inatteso che stupisce e ci svela la vacuità del dire, la vertigine delle parole che costruiscono mondi paradossali e come difesa ci obbligano dolcemente a ridere, ridere fragorosamente. Cosa chiedere di più a questo bilancio di una vita che vuole con caparbietà proseguire in leggerezza e giocosità… Applausi, calorosi applausi. Più che meritati.

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