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#DIRITTODICRITICA: 'La Ferocia', le recensioni degli studenti

Nuovo appuntamento con l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli

La Provincia Redazione

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24 Aprile 2025 - 16:44

#DIRITTODICRITICA: 'La Ferocia', le recensioni degli studenti

CREMONA - Torna l'appuntamento con #DIRITTODICRITICA, l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli, che offre agli studenti delle scuole cremonesi la possibilità di esprimere il loro giudizio motivato e argomentato sugli spettacoli in cartellone al Ponchielli. Protagonista di questo appuntamento è 'La Ferocia', tratto dal romanzo di Nicola Lagioia riletto da VicoQuartoMazzini.

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DIEGO BOSSONI – 3ª LICEO SCIENTIFICO ASELLI
La questione meridionale raccontata mediante la storia di una famiglia benestante è al centro de “La ferocia”, lo spettacolo che martedì 15 aprile ha debuttato presso il Teatro Ponchielli di Cremona. Fin da subito un cronista (posto in una cabina, quasi per volerlo separare dalla vicenda rappresentata), introduce brevemente gli eventi, ciò lascia intendere il tema drammatico della rappresentazione teatrale grazie alle citazioni dall’omonimo libro di Nicola Lagioia riferite dallo stesso giornalista. Lo spettacolo è quindi una trasposizione della prosa dal romanzo al palcoscenico e ciò viene più volte ribadito, ma in modo indiretto. Si può infatti constatare come il “filo conduttore” sia proprio il corpo di Clara Salvemini, ritrovata senza vita, di notte, figlia di Vittorio Salvemini, un imprenditore appartenente a una ricca famiglia pugliese specializzata nell’edilizia. Tutte le vicende difatti: i tradimenti, gli abusi edilizi, la droga, la corruzione e, specialmente, lo smaltimento dei rifiuti pericolosi in modo irregolare (particolare che sembra accennare alla cosiddetta “Eco-mafia”) avvengono in seguito alla scomparsa della ragazza. Inoltre, il tono marcatamente drammatico e tragico, accompagnato da numerosi “climax” resi mediante la musica, ben si sposa con la scenografia sempre simile nelle varie ambientazioni ed essa è scandita da un particolare difficile da non notare: numerose piante verdi, le quali, di certo contribuiscono ad attirare l’attenzione dello spettatore. Degna di nota anche la recitazione, spesso contraddistinta da un linguaggio scurrile, semplice e a tratti dialettale (tipico del Mezzogiorno) che viene evidenziata mediante soliloqui contrapposti a dialoghi. Insomma, uno spettacolo intenso, ricco di tensione, ma che, al contempo, spinge a riflettere sulla decadenza dei valori tradizionali anche nei luoghi in cui la tradizione è radicata nella cultura come il Sud Italia. Tutto ciò offre allo spettatore una vera e propria “carica di emozioni” difficile da dimenticare, specialmente se si viene presi dalla trama intrigante e non sempre di facile comprensione.

CAMILLA CARINI – 3ª LICEO SCIENTIFICO ASELLI
Sulle tracce del romanzo di Nicola Lagioia, lo spettacolo “La Ferocia”, andato in scena martedì 15 aprile, ha chiuso la stagione di prosa del Teatro Ponchielli, ripercorrendo le tragedie della famiglia Salvemini. Al centro della rappresentazione vi è l'assenza della misteriosa figura di Clara raccontata dai monologhi degli otto attori che, alternandosi, occupano in primo piano la scena, dando vita ai ricordi passati che ciascuno ha di lei. La scenografia è costituita da un'unica stanza, occupata in larga parte da un tavolo lungo e da sedie con una porta scorrevole che annette ad uno spazio esterno; tale ambientazione diviene luogo di tutta la vicenda costituendo le diverse ambientazioni, dallo spaccato di vita quotidiana, alla celebrazione del funerale, fino all’autopsia del corpo della giovane. Adiacente ad essa, un narratore in una piccola cabina cubica illuminata da una luce blu intenso, racconta parte dello scorrere della vicenda animata dalla musica di Pino Basile con suoni che accompagnano i momenti più tragici e di tensione. Gli attori, grazie alla drammaticità della loro impressionante recitazione, sono riusciti a trasmettere al pubblico le problematiche legate alla questione ambientale ed edilizia nel Sud Italia. Particolarmente degna di nota è Francesca Mazza nel ruolo della moglie e madre Annamaria Salvemini, ferita dai continui tradimenti del marito e distrutta dai doveri di una madre che deve crescere tutta sola i suoi tre figli. Il primogenito Michele all'inizio dell'opera si trova a Roma ricolmo di insuccessi giornalistici, per poi entrare in scena solo circa a metà della vicenda, mentre nelle storie di vita di Ruggero e Clara convergono le conseguenze degli abusi edilizi del padre e le sue noncuranze: il primo é impegnato a risolvere i problemi dell'impresa edilizia di famiglia, la seconda subisce la dipendenza da cocaina, concedendosi senza ritegno a uomini facoltosi. Tuttavia, curiosità e speranza si accendono nel cuore del pubblico nel momento in cui dal monologo del figlio Michele emerge il desiderio di fare luce sulle cause della morte di Clara. Un mistero che, anche attraverso le battute del medico legale Gennaro Lopez, rimane ancora irrisolto, ma da cui emerge una onorevole fame di verità, grazie alla quale il primogenito riuscirà ad emanciparsi dalla corruzione e dalla menzogna.

CARLO ALBERTO CHIAVEGATO – 3ª LICEO SCINTIFICO ASELLI
È Clara la figura centrale dello spettacolo “La Ferocia”, andato in scena al Teatro Ponchielli martedì sera. Una figura misteriosa, per alcuni sorella, figlia, moglie o semplice donna di passaggio nei giri di potere. C'è un suicidio (forse), una morte che fa discutere, e il racconto di una famiglia ricca e con terreni nel Sud d’Italia, i Salvemini, che costruiscono tanto ma che sono segnati da molte ferite al loro interno. Lo spettacolo inizia con l’arrivo sul palco di un giornalista, che interviene poi da vero cronista. Da questo punto comincia la storia tragica mentre si palesa lo spazio: una grande struttura con vetrate, come una villa moderna, che mostra la ricchezza ma anche la freddezza. Qua e là ci sono spighe che gli attori muovono e che evocano la realtà rurale delle origini meridionali. Inoltre, bisogna soffermarsi sulle luci, molto importanti: bianche e morbide quando si conversa, rosse e forti nei momenti difficili, come durante l’incendio iniziale. La musica accompagna sempre, e a volte viene eseguita pure dal vivo, come quando Michele, interpretato magistralmente da Gabriele Paolocà, usa un vaso per fare vibrazioni durante l’intervento dell’ex sottosegretario alla giustizia. E un altro momento profondo è quando il “medico” effettua l’autopsia: un attore-mimo bravissimo dialoga con gli spiriti di alcuni morti, che la giustizia chiama solo “incidenti” o “suicidi”. Poi cambia tutto, viene lasciato spazio alla moglie per sfogarsi: infatti anche lei ha l’opportunità di liberarsi rivelando che ha passato una vita a sopportare tradimenti, un monologo struggente recitato abilmente da Francesca Mazza. Colpisce molto anche l’entrata grottesca di una rana in costume commerciale, incarnazione dell’“uomo medio”, tra battute da spogliatoio e banalità quotidiane. Alla fine, torna Michele che colpisce con un discorso straziante: segnato da moltissime perdite nella sua vita, dopo la morte di Clara vuole solo verità e giustizia e compie tutto il possibile per ottenerla. Lo spettacolo poi finisce come è iniziato: il giornalista conclude la narrazione ed esce dallo studio. E il pubblico rimane in silenzio, con la sensazione che ha visto qualcosa di più grande di un semplice teatro. “La ferocia” non è solo una tragedia familiare: è l’autopsia morale di un Paese dove il dolore viene nascosto sotto l’eleganza e il potere divora tutto ciò che non può controllare.

GIORGIA MAROLI - 3ª LICEO CLASSICO MANIN
Lo spettacolo teatrale La Ferocia, andato in scena martedì 15 aprile 2025 al Teatro Amilcare Ponchielli di Cremona, ha offerto al pubblico una potente e intensa esperienza scenica.
La trama ruota attorno alla morte misteriosa di Clara Salvemini, figlia di un potente costruttore barese. Il ritorno a casa del fratellastro Michele, per indagare sulla sua morte, svela le ombre di una famiglia e di una città segnate dalla corruzione, dal potere e dalla violenza. Il testo esplora temi universali come le colpe ereditarie, la decadenza morale e l’assenza di affettività, offrendo uno spunto di riflessione sulla società contemporanea.
Clara è il cuore misterioso e tragico della storia. Bella, inquieta, idealista, è una figura tormentata che si ribella silenziosamente al potere e all’ipocrisia della sua famiglia. La sua morte è il punto di partenza della narrazione, ma anche il centro vuoto attorno al quale ruotano le vite degli altri. Anche nella trasposizione teatrale, Clara è una presenza costante, quasi fantasmagorica, che continua a interrogare e a turbare, anche quando non è in scena.
Le luci hanno un ruolo fondamentale nel creare l’atmosfera del racconto, accentuando i momenti di tensione e drammaticità.
Le interpretazioni degli attori sono straordinarie. Mi ha particolarmente affascinato la figura del medico legale, tormentato dalle anime di tre persone di cui ha nascosto la vera natura della loro morte. Il suo personaggio incarna l’indifferenza e la corruzione del sistema, riflettendo la decadenza morale e sociale descritta nel romanzo.
Il titolo La Ferocia è emblematico: non si riferisce solo alla brutalità evidente nei fatti narrati, ma soprattutto alla ferocia nascosta nelle relazioni, nei silenzi, nella corruzione sistemica, nella violenza mascherata da civiltà. La ferocia si presenta nella rappresentazione teatrale in modo borghese, elegante, che consuma dall’interno.

CHIARA MORETTI – 5ª LICEO SCIENTIFICO ASELLI
Tra gli intenti e il celato, convenienza e legami plasmano la logica della Terra Rossa, teatro di un’analisi drammaticamente attuale della volontà corrotta dell’uomo di dominare la natura con l’unica accortezza di preservare la costruzione sofistica della propria immagine nella società.
Attualizzazione del compromesso tra realtà ed apparenza, “La Ferocia”, adattamento pluripremiato di Linda Dalisi tratto dal romanzo di Nicola Lagioia vincitore del Premio Strega 2015, chiude il sipario della stagione di prosa 24/25 al teatro Ponchielli instillando in ciascuno una commistione di consapevolezza e orrore circa l’individualismo dilagante.
Nelle vesti di un Mazzarò moderno, Vittorio Salvemini, imprenditore edile pugliese, tenta di far apparire le proprie attività illecite quali esito di scambievoli favori e consuetudine. Anche l’aggettivo rispettabile si tinge di torbido quando impiegato per descrivere la famiglia Salvemini, insieme di anime unite solo dal sangue e dal dolore per la scomparsa della figlia Clara. Tale evento che si tramuta in specchio per scandagliare le visioni unilaterali dei personaggi che si destreggiano tra senso di colpa ed ambizione. Votati ad ingannare i cari e se stessi, i maestri della corruzione non si curano di nascondere allo spettatore le intricate ragioni del proprio agire quasi pervasi da una perversa innocenza circa gli effetti di un esercizio smodato di libero arbitrio.
La regia di Michele Altamura e Gabriele Paolocà ha sacrificato momenti di interazione sostituendoli con monologhi che offrissero un affresco più vivido della psicologia dei personaggi, scelta funzionale ad acuire la paradossale compresenza dei personaggi e la loro incapacità di comunicare. La compagnia VicoQuartoMazzini, vincitrice di quattro Premi Ubu 2024, ha regalato uno spettacolo non meramente eseguito, bensì sentito nel profondo. Unico elemento di perplessità rimane l’accento meridionale poco marcato che ha reso alcuni passaggi privi di calore. Il susseguirsi degli attori è stato efficacemente scandito dalla focalizzazione puntuale delle luci e dall’evolversi ritmico della musica, il tutto attorniato da una scenografia che ha accresciuto l’agognata drammaticità.
Questa rappresentazione ha coronato non solo la stagione, ma anche la funzione dell’arte di conferire la dignità di essere conosciuta ad ogni realtà, anche se questa è a tratti foschi.

CATERINA PREMI - 1ª LICEO SCIENTIFICO ASELLI
La compagnia teatrale VicoQuartoMazzini martedì 15 aprile ha proposto al pubblico del Teatro Ponchielli uno spettacolo colmo di emozioni e profonda drammaticità: “La Ferocia”. La stagione di prosa Legami si è conclusa infatti con un'opera ispirata al romanzo firmato da Nicola Lagioia, vincitore del Premio Strega nel 2015 e del Premio Mondello, che si focalizza sulle relazioni all'interno della famiglia Salvemini, rivela segreti, bugie, parla di potere e prende vita sui palcoscenici con la regia di Michele Altamura (Ruggero Salvemini) e Gabriele Paolocà (Michele Salvemini).
Lo spettacolo ha origine dunque da un noir, genere letterario in cui padroneggia la violenza, la depravazione e il decadimento della società, ove i crimini che hanno luogo sono mossi da brama di denaro e avidità di controllo: il pubblico è trasportato nel Sud Italia, che viene proposto come archetipo di un luogo corrotto, alla mercé dei potenti. La scena si apre in una notte di primavera, in cui Vittorio Salvemini (Leonardo Capuano), importante costruttore edile, attende una telefonata, con la quale apprenderà notizia del presunto suicidio della figlia Clara. Ma la donna non si è tolta la vita, e per comprendere la vera causa del decesso, occorrerà indagare sui reali accadimenti, sui segreti legati alla famiglia Salvemini, che con la morte della figlia vengono pian piano svelati, e per ricostruire gli avvenimenti si gioca con l'alternanza tra passato e presente. Le scene sono affidate a un gruppo di attori eccellenti, una compagnia che è stata premiata con ben quattro Premi Ubu nel 2024, capace di trasmettere disperazione, gioia, tristezza e rendere Clara presente evocata in particolare dal fratellastro Michele nella spasmodica ricerca della tragica verità.
Inoltre, nella rappresentazione, gioca un ruolo importante la musica, che arricchisce ogni momento, risalta e aumenta suspense e ansia nello spettatore, sopraffatto dalle oscure verità.
Nello spettacolo vengono più volte riportati monologhi fedeli al romanzo, uno dei quali afferma che taluni ritengono l’etologia la disciplina che meglio spiega il nuovo secolo: i comportamenti degli animali trasmettono meccanismi istintivi e leggi naturali presiedono la vita; dinamiche identiche al comportamento dell’uomo, il quale è rappresentato ora come essere feroce, che desidera il potere, la ricchezza ed è disposto a qualsiasi cosa pur di ottenerlo.

LUDOVICA PREMI – 2ª LICEO SCIENTIFICO ASELLI
Lo spettacolo La ferocia, tratto dall’omonimo romanzo di Nicola Lagioia, è un’esperienza teatrale che non travolge, ma trascina come un fiume scuro e imperscrutabile lo spettatore all’interno di un dramma familiare che si fa tragedia contemporanea. Portato sul palcoscenico dai registi Michele Altamura e Gabriele Paolocà, lo scritto nato dalla penna dell’autore vincitore del Premio Strega prende vita con successo sul palco del teatro Ponchielli, mantenendo intatti i dialoghi e preservando la densità letteraria dell’opera originaria, trasformando ciascuno dei personaggi in una voce narrante e restituendo le parti descrittive del romanzo attraverso intensi monologhi. Ѐ Clara Salvemini il centro vuoto attorno al quale si evolve e struttura la narrazione dell’opera, figlia morta suicida del ricco imprenditore Vittorio Salvemini: sia la sua vita che la sua morte sono avvolte nel mistero e seguiremo il tormentato fratellastro Michele in un viaggio alla ricerca della verità ma anche di se stesso, durante il quale esplorerà dei rapporti familiari malati, traumi, corruzione, segreti, violenza e autodistruzione, e alla fine del quale la ferocia si rivelerà essere una forza che attraversa le vite dei personaggi, non solo come violenza fisica, ma anche come spietatezza morale e sete di potere. Notevole è l’uso teatrale della continuità scenica e temporale, in cui il tempo non è scandito da passaggi definiti, ma scorre come un unico flusso ininterrotto, non si ferma mai, non si divide in momenti riconoscibili. Non ci sono stacchi netti, sipari o cambi scena tradizionali: tutto accade sotto gli occhi dello spettatore, in una fluidità che ha qualcosa di onirico, e talvolta persino destabilizzante. Lo stesso vale per i numerosi ritorni al passato, presenti nel romanzo, resi con naturalezza: le scene si susseguono senza sospensione del tempo narrativo e lo spettatore è invitato a decifrare i salti temporali con attenzione, anche perché gli stessi attori interpretano i personaggi in tutte le età della loro vita. Capita così che un adulto interpreti se stesso da bambino, senza cambi di costume o espedienti evidenti, ma solo grazie alla forza del gesto, della parola, della postura. La scenografia si configura come un immenso puzzle, che gli attori smontano e ricostruiscono pezzo dopo pezzo. È una metafora visiva della storia stessa, fatta di frammenti, di memorie e di omissioni.

TORRESANI CATERINA - 3ª LICEO SCIENTIFICO ASELLI
Tratto dal romanzo “La Ferocia” di Nicola Lagioia, vincitore del premio Strega 2015, il libro prende vita attraverso la regia di Michele Altamura e Gabriele Paolocà e diventa uno spettacolo di grande successo. L’opera ha ricevuto il prestigioso premio “Miglior spettacolo di teatro”, assegnato dal premio Ubu 2024. Sono, inoltre, stati premiati come miglior attore Leonardo Capuano, il padre Salvemini nell’opera, e come miglior attrice Francesca Mazza, la madre Annamaria Salvemini. 
Un’opera potente e una storia contemporanea che mette in scena la rovina del sud Italia, raccontando una tragedia famigliare dove le colpe dei padri vengono trasmesse alle debolezze dei figli. 
L’opera ruota attorno alla morte della trentenne Clara Salvemini, erede di una ricca famiglia di costruttori baresi. Quando il fratellastro Michele, Gabriele Paolocà, affetto da un disturbo borderline, scopre che la perdita della sorella non è dovuta ad un suicidio, vengono a galla segreti e tensioni che trasformano la nostra visione di ogni signolo personaggio. Il protagonista maschile Vittorio Salvemini è interpretato con una profondità struggente: la sua voce trema nei momenti giusti e il suo dolore si propaga nella sala con durezza. La madre e il marito di Clara vittime e complici e i fratelli ormai smarriti in una famiglia che non riconoscono più sono ritratti attraverso una psicologia interiore elaborata. Gli attori hanno saputo trasmettere al pubblico una tensione che sopraggiunge su di loro e fa crollare il mondo addosso.    
L’autore e i registi costruiscono la storia attraverso una scrittura ricercata, ricca di passaggi introspettivi, inserendo nella scena elementi che si ricostruiranno nel corso della rappresentazione  come se fossero tasselli di un puzzle. 
La Ferocia è, dunque, un’opera che ha saputo mantenere intatta l’essenza del romanzo originale, esplorando le dinamiche sociali e familiari con intensità emotiva e con una scenografia suggestiva. Inoltre, non si limita solo a raccontare una tragica storia: è un’analisi dell’Italia contemporanea, in cui l’abisso non è solo fuori, ma dentro di noi, costringendoci a guardare dove solitamente preferiamo distogliere lo sguardo. 

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