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AL PONCHIELLI

Ranucci: «Ogni inchiesta è una scelta senza sconti»

Passione, missione e strumento di democrazia sotto minaccia: il mestiere di giornalista secondo il noto volto di Report

Luca Muchetti

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23 Aprile 2025 - 09:05

Ranucci: «Ogni inchiesta è una scelta senza sconti»

Sigfrido Ranucci intervistato da Piero Brazzale

CREMONA - «È sbagliato dire che Report è sotto attacco, perché oggi è sotto attacco la libertà di stampa». Sigfrido Ranucci, giornalista e volto più noto di Report - la storica trasmissione di inchiesta in onda sulla Rai dal 1997 - ha parlato a lungo ieri sera al pubblico del teatro Ponchielli in occasione della presentazione del suo libro La Scelta. Dopo 18mila chilometri di presentazioni già tenute in giro per l’Italia nei mesi scorsi e sollecitato dalle domande del collega di Cr1 Piero Brazzale, Ranucci ha raccontato il motivo alle spalle di un tour così impegnativo: «È stata premiante la scelta di incontrare il pubblico di persona: potevo scegliere la scorciatoia della televisione, ma ho preferito incontrare la gente», ha detto poco dopo essere stato accolto da un lungo applauso, subito rigirato «alla squadra che realizza le inchieste di Report».

La più stretta attualità è il punto di partenza: «Siamo stati gli unici a raccontare la fatica di papa Francesco nel suo tentativo di rivoluzionare la Chiesa. In questi giorni ho visto molti cambiare idea. Attenzione per l’ambiente e per i fragili, quelle attenzioni che molti dei nostri politici sembrano aver perso. Questo gli è valso molti attacchi, come quelli di chi non crede nel cambiamento climatico. Con Francesco è morto l’ultimo leader politico che credeva fermamente nella pace». Il libro è in bilico fra pubblico e privato, storie da giornalista, biografia e riflessioni sulla libertà di stampa: «In questo libro - spiega - non ho fatto sconti nemmeno a me stesso, condividendo quella parte di vita privata che secondo me non può essere disgiunta da quella pubblica, per lo meno se vuoi fare il lavoro in un certo modo».

Un mestiere che per Ranucci è passione e missione, ma anche uno strumento di democrazia sotto minaccia, aggiunge ricordando i 516 giornalisti minacciati e documentati dall’Osservatorio Ossigeno. Innumerevoli le querele e le denunce nei confronti di alcune delle inchieste trasmesse che il conduttore di Report snocciola, soffermandosi in particolare sugli episodi contestati da Fratelli d’Italia. «La Rai ha le spalle larghe abbastanza per sostenere il peso - continua -, ma mi metto nei panni dei colleghi di altri organi di stampa magari meno forti e che devono resistere a pressioni di vario tipo. La stampa è l’anticorpo periferico che dovremmo rafforzare. In Italia invece abbiamo fatto il contrario».

La memoria va indietro nel tempo, e Ranucci racconta le ricerche e la complessa realizzazione della celebre inchiesta di RaiNews24 ‘Fallujah, la strage nascosta’, un approfondimento che fece il giro del mondo provando l'utilizzo del fosforo bianco da parte dell’esercito americano sui quartieri della città irachena: «Le immagini che avevano mostrato il vero volto della guerra, avevano violato il Patriot Act di Bush e stavano facendo cambiare l’opinione del popolo americano circa la giustezza di quella guerra. Fummo attaccati dal governo americano, mentre il New York Times difese il nostro lavoro».

Dagli USA a Parma, con quella incredibile coda del caso Parmalat, quando la confidenza casuale di un tassista portò alla ricostruzione dei movimenti delle opere d’arte della famiglia Tanzi. Un ritratto di una professione, quello tracciato da Ranucci, che non manca di particolari a volte drammatici (l’idea del suicidio sfiorò la mente del giornalista quando venne ingiustamente accusato di aver falsificato una inchiesta, accusa poi del tutto smontata) e altre volte pieni di ironia, come le premure che la madre di Ranucci, scomparsa anni fa, rivolgeva telefonicamente al figlio poco prima delle puntate del programma: «Però mi raccomando: stasera non fare nomi».

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