L'ANALISI
02 Aprile 2025 - 09:05
I partecipanti al seminario teatrale di Eugenio Barba al circolo Next Teatro
CREMONA - Ci sono incontri di cui una città colta dovrebbe fare tesoro. È questa la riflessione che si fa all’indomani della due giorni di Eugenio Barba a Cremona, ospite della compagnia QU.EM. e del circolo Next Teatro, sotto la regia di Paolo Ascagni, presidente dell’Unione Italiana Libero Teatro. Barba, 88 primavere, si presenta vestito con i colori tenui di certi costumi indiani, i sandali ai piedi, una abbronzatura da fare invidia e una folta chioma bianca. Gli occhi piccoli sorridono alla vita, sorridono alla forza vitale del teatro. Al suo fianco Julia Varley, l’attrice con cui ha dato vita alla Fondazione Barba Varley all’interno della quale è entrata a far parte l’associazione Next Teatro. Queste le coordinate organizzative di due giornate intense di seminari e workshop sulla voce e un doppio incontro col fondatore dell’Odin Teatret, nato dall’esperienza con Jerzy Grotowski nella Polonia di fine anni Cinquanta e primi anni Sessanta.
Il primo incontro presso la sede di ConfCommercio, aperto da Roberto Codazzi, responsabile culturale dell’associazione dei commercianti, si è svolto nel pomeriggio di sabato con la proiezione del video dello spettacolo La vita cronica e la testimonianza della ricerca di Barba, proprio partendo da uno dei suoi ultimi allestimenti. Fra l’altro è notizia di questi giorni che la Biennale Teatro, diretta da William Defoe, quest’anno renderà omaggio al maestro pugliese, ma ormai naturalizzato cittadino del mondo, con una sorta di monografica dedicata ai maestri e ai loro eredi, da ciò che è oggi il Workcenter di Pontedera dove operò Grotowski all’esperienza dell’antropologia teatrale dell’Odin Teatret a Holstelbro in Danimarca. Nell’incontro di sabato Barba ha raccontato il suo percorso di eretico del teatro, l’azione nel dare corpo a una scena pensata come casa dei 'senza nome del teatro'. Il primo nucleo di persone che avrebbero dato vita all’Odin Teatret, oltre sessant’anni fa, erano attori scartati dalle accademie tradizionali. Ed è questa volontà di andare a fare teatro laddove il teatro non è (o apparentemente non era) che Barba ha tenuto come faro, preferendo agire in periferia e nei piccoli centri perché è là che crescono le relazioni, è là che l’urgenza del teatro trova la sua risposta concreta e al tempo stesso la sua sfida esistenziale e di senso. Nell’incontro di domenica al ridotto del Ponchielli, Barba si è raccontato a lungo, davanti a una platea di oltre un centinaio di persone, incantata dalla testimonianza di chi ha attraversato la seconda metà del Novecento teatrale. Fra i più emozionati il sovrintendente Andrea Cigni che non si è limitato a portare i saluti, ma forte della prima edizione del saggio La canoa di carta del 1993 è tornato a essere studente del Dams di Bologna e ad avere a che fare con una delle materie - Eugenio Barba, appunto - della sua formazione teatrale. Questo è accaduto a chi ha avuto modo di sfogliare i libri pubblicati dalla casa editrice Ubu e seguire, grazie alla relazione fra Barba e Franco Quadri, l’evoluzione di quel terzo teatro che voleva proporsi come alternativa coesistente al ‘teatrone’, al teatro che lo stesso Barba non ha esitato a definire come un patrimonio di tradizione che si concreta nell’edificio del teatro, facendo riferimento al Ponchielli come parte del tutto. Sentire parlare di un giovane Quadri, redattore di Sipario, che commissiona a Eugenio Barba un articolo sulla sua esperienza teatrale agli inizi degli anni Sessanta, emoziona.
Sentire parlare del convegno di Ivrea che diede vita al nuovo teatro, così definito da Marco De Marinis, o ancora sentir raccontare degli inviti in Danimarca a Dario Fo, oppure dell’azione eretica ed estetica di Étienne Decroux e Jacques Lecoq trasforma la storia del teatro in memoria, in volti, in corpi, in parole scambiate e idee condivise e tutto attraverso i toni pacati e dolci di uno splendido 88enne, il cui sguardo è pieno di futuro. Per lui i teatri sono isole galleggianti che possono diventare arcipelaghi e che dicono di una fame di immaginazione che dura da millenni e che è insita nella natura umana. Bello che il Ponchielli abbia dato ufficialità alla visita di Eugenio Barba, bello che l’assessore Rodolfo Bona abbia fatto sentire la presenza del Comune nel corso del pomeriggio di sabato, ma soprattutto bello, prezioso che l’iniziativa sia nata da una realtà ‘minore e sommersa’ come l’associazione Next Teatro che incarna alla perfezione quel terzo teatro, quella terza via della scena che coniuga passione e professionismo. Ci sono momenti nella vita di chi segue teatro che sono destinati a rimanere indelebili e certo l’incontro con Barba è stato uno di questi. Grazie a Next Teatro, grazie all’Unione Italiana Libero Teatro.
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