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STORIE DI RESISTENZA

«Una goccia nell’oceano», l’alba dell’insurrezione

Il 27 agosto 1944 i partigiani Andrini, Dordoni e Marca attaccano una pattuglia tedesca

Francesco Gottardi

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fgottardi@cremonaonline.it

30 Marzo 2025 - 05:20

«Una goccia nell’oceano», l’alba dell’insurrezione

La galleria 23 Marzo (oggi 25 Aprile) protetta dai sacchi di sabbia durante la guerra. Nel riquadro, Adriano Andrini

CREMONA - «Il mondo era in fiamme e certamente quell’episodio non era che una piccola goccia nell’oceano. I cremonesi ne parlavano, anche se non sapevano esattamente quel che era accaduto». Le parole di Adriano Andrini si riferiscono all’azione partigiana del 27 agosto del 1944, primo atto di insurrezione nel ‘feudo’ di Roberto Farinacci. A dare notizia dello svolgimento dei fatti sono in particolare due pubblicazioni riemerse di recente dagli scaffali di un circolo Arci di provincia: una è il romanzo ‘Tra i fiumi’ scritto dallo stesso Andrini, futuro dirigente del Pci cremonese che fu tra i protagonisti dell’azione; l’altro è ‘27 agosto nel feudo di Farinacci’ del collettivo di studio sulla resistenza cremonese.

Un rifugio anti-aereo

Testi ormai quasi introvabili che offrono un resoconto dettagliato della prima azione armata della Resistenza in città, misteriosamente poco presente nelle cronache e negli studi sulla Liberazione cremonese. I testi riportano, tra i documenti originali, il rapporto stilato da Primo (nome di battaglia di Andrini) al comando centrale del Fronte della Gioventù a Milano. «Ieri sera, 27 agosto, verso le ore 19, all’inizio della via Bassa Casalmaggiore, tra via Giuseppina e la frazione di Cremona il Battaglione, ho portato a termine un’azione armata con i membri del Fronte della Gioventù, Filippo e Giovanni, contro una pattuglia tedesca».

Partigiani a porta Venezia nei giorni immediatamente successivi alla Liberazione

Insieme ad Andrini, allora 23enne, prendono parte all’azione gli studenti diciannovenni Gastone Dordoni (Filippo) e Gianfranco Marca (Giovanni) appartenenti al GAP (Gruppo di azione patriottica) costituitosi in seno all’organizzazione giovanile comunista cremonese. «Durante l’azione abbiamo ferito due tedeschi, che avevano reagito alla nostra intimazione di consegnarci le armi di cui erano dotati. I fatti si sono svolti nel modo seguente», scrive Andrini. Il resoconto che ne segue è dettagliato, meticoloso, militare: un resoconto interno di quell’esercito clandestino che era la rete della Resistenza in città come in tutta l’Italia settentrionale occupata, a dispetto di chi ha sostenuto che i partigiani in città fossero pochi e male organizzati.

L’ingresso al rifugio antiaereo di piazza Marconi

Nel cremonese «data la conformazione geografica completamente pianeggiante, la struttura sociale, la presenza di Farinacci che ne aveva fatto la cittadella del fascismo, e infine la durissima reazione che infieriva grazie a questi fatti, il movimento partigiano stentava a trasformarsi in un’organizzazione attiva in bande armate (…) Per armarsi Gap e Sap dovevano incominciare quasi da zero (…) L’attendismo dei partiti dell’antifascismo fu uno dei mali peggiori dell’autunno-inverno del 1943-44. Eppure la situazione suggeriva iniziative politiche decise e (…) finalmente alla fine della primavera 1944 il Cln di Cremona trova unità d’azione, con direttive chiare sulla lotta armata nella provincia: si erano andate costituendo le SAP e i GAP».

Balilla e giovani italiane in piazza del Comune (foto Fazioli)

Anche a Cremona, dopo anni di forzato assopimento, si spara sul nemico, si colpisce l’occupante nazista e i suoi fiancheggiatori repubblichini. «In bicicletta – scrive Primo-Andrini nel suo rapporto – siamo partiti dal rione Sant’Imerio e dopo esserci appostati a porta Venezia, abbiamo seguito a distanza una pattuglia in via Giuseppina fino all’imbocco della via Bassa Casalmaggiore». Al ‘mani in alto’ intimato dai partigiani i due soldati tedeschi «hanno subito gridato, mettendo le mani al fodero delle loro pistole e hanno cercato di raggiungere i due fossati che costeggiano la strada». A quel punto i tre gappisti aprono il fuoco, colpendo i due militi che cadono nelle rogge. Nemmeno il tempo di scendere a recuperare le armi che già alcuni contadini della vicina cascina ‘la Capucina’ si avvicinano per vedere cosa fosse accaduto.

Partigiani in festa dopo la Liberazione

«Costretti a rinunciare al recupero delle armi – continua Primo – diedi l’ordine di rientrare a Cremona». Ai passanti incuriositi che chiedevano informazioni il giovane Dordoni rispondeva, allontanandosi: ‘Due tedeschi si sono sparati tra loro’. Il foglio di Farinacci ‘Il regime fascista’ tacque l’azione così come aveva ignorato i numerosi sabotaggi che si erano verificati in tutta la provincia. Ma «il 30 agosto 1944 il quotidiano dei repubblichini è costretto a dare ampio spazio ad ‘un odioso attentato contro militari germanici’».

Il trafiletto sul Regime del 30 agosto 1944

Il monito si apriva con parole stizzite: «A Cremona, dove finora non s’era mai registrato nessun episodio di violenza sovversiva, sono stati aggrediti due soldati tedeschi». Le autorità naziste, vere comandanti della piazza fascista, imposero la precettazione di oltre 200 cittadini per «prestare servizio di vigilanza tra Cremona e Bonemerse», vietarono la circolazione in bicicletta in mezza città, fissarono una taglia di 200mila lire per chi avesse collaborato alla cattura dei responsabili e arrestò come ostaggi «venti cittadini gravemente indiziati quali elementi svolgenti attività antinazionale e sovversiva».

La copertina di ‘27 agosto 1944’

I prigionieri politici verranno poi liberati, anche a seguito della mediazione del vescovo Giovanni Cazzani e dell’inconcludenza delle ricerche tedesche. L’eco dell’azione partigiana supera i confini della provincia e del Paese: radio Londra e radio Mosca ne danno notizia. Il giornale del Corpo Volontari della Libertà ‘Il Combattente’ nel n.15 del 15.9.1944 sotto il titolo ‘I Garibaldini lombardi tengono duro e infliggono duri colpi al nemico’ scrive: «persino nel feudo di Farinacci di Cremona pattuglie tedesche sono state attaccate e hanno lasciato sul terreno morti e feriti».

Roberto Farinacci, ras di Cremona

Riprendeva la notizia anche l’organo del PCI, ‘L’Unità’, nel n.16 dell’8 ottobre 1944 sotto il titolo di ‘Battaglia sui monti e guerriglia nelle piane lombarde’ scrivendo: «Dopo Pavia e Mantova anche la provincia di Cremona vede la guerriglia penetrare nel feudo di Farinacci. Sono i distaccamenti SAP garibaldini che disarmano il nemico, che ne attaccano le pattuglie isolate, che castigano chi lo serve». Da quel momento sarebbe partita, anche nella città del Torrazzo, quella guerra civile che portò, tra il 24 e il 26 aprile, Cremona a liberarsi da sola, per mano dei partigiani. Insomma se quella del 27 agosto fu, come la definisce Andrini, ‘una goccia nell’oceano’, fu proprio quella goccia che a Cremona scatenò la tempesta della Resistenza.

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