L'ANALISI
11 Marzo 2025 - 08:59
CREMONA - «Matèl nel dialetto della Val Camonica vuol dire ragazzo – spiega Andrea Negroni, classe 1995 -. La mia famiglia è metà cremonese e metà originaria della Val Camonica, da qui l’idea di girare il mio corto in uno dei luoghi del cuore, una storia semplice, di un ragazzo come tanti e l’irrompere di ciò che si è, al di là di ciò che si vorrebbe essere». Dalla Val Camonica passando per Cremona per arrivare a Londra.
Sorride e abbassa gli occhi, un poco arrossisce Andrea Negroni e racconta: «Matèl è stato selezionato per partecipare al BFI London Film festival nella sezione Lgbtqia+ del British film institut – anticipa -. Non è una manifestazione competitiva, ma è una rassegna dedicata ai temi Lgbtqia+. Credo che del lavoro sia piaciuta la delicatezza, la sua intrinseca allusività che lascia aperte suggestioni, ma anche silenzi che diventano densi e a tratti dolorosi. Certo è un bel modo per debuttare. Si tratta del mio primo lavoro, portato avanti con determinazione, passione. Sono contento che abbia incontrato l’interesse degli osservatori del British Film Institut».
Il corto di 15 minuti racconta la storia di Fabio un diciottenne che lavora come garzone sulle rive di un piccolo lago, al molo dei pedalò a noleggio. Il tempo scorre inesorabile e dinnanzi al suo sguardo si consumano le vite delle persone che animano le sponde – spiega l’autore che cura sia la regia che la sceneggiatura - La noia, protagonista dei lunghi pomeriggi estivi, viene spezzata dall’arrivo di tre ragazzi intenzionati a navigare sul lago. Infine, l’imprevisto, una loro negligenza, la violazione della regola, sono le premesse per il primo contatto con una libertà sinora sconosciuta, capace di sconvolgere l’animo e negare ogni certezza».
I ragazzi non consegnano in tempo il pedalò, Fabio lo reclama, scivola, si ferisce e viene curato da uno di loro. In quell’atto di cura sboccia l’intimità di un bacio. Ciò a cui si assiste è il tornar su quell’incontro, su quel contatto, mentre Fabio, al secolo Jacopo Casalino, è in casa con la madre (Aglaia Mora), le fa i capelli e si avverte la necessità di una vita di relazione da ricostruire, lo dice l’affetto del figlio per la madre, lo indicano le inquadrature sulle foto che mostrano Fabio bambino con il padre.
Girato in un luminoso bianco e nero Matél è ambientato sul lago Moro, piccolo specchio d’acqua fra Darfo Boario Terme e Angolo Terme e proprio per questo l’associazione Promazioni 360 ha deciso di sostenere il progetto cinematografico: «La nostra realtà associativa è attenta alla valorizzazione del territorio, della sua biodiversità e delle sue bellezze naturali – spiega la presidentessa Loretta Tabarini -. Quando Andrea ci ha presentato il suo progetto, abbiamo deciso di aderire partecipando a un bando messo a disposizione per la Comunità montana e la Fondazione Comunità Bresciana. Ci è parsa una bella occasione per raccontare il nostro territorio, mettendo l’attenzione anche su problematiche di carattere adolescenziale. Siamo soddisfatte come donne impegnate a promuovere il nostro territorio del lavoro di Andrea Negroni e dell’eco internazionale che sta avendo».
Matèl è infatti un piccolo e prezioso elzeviro, in cui Negroni cesella con affetto e nitore corpi e volti, ambienti e gesti. Tutto è come sospeso in un tempo di attesa. Il volto del protagonista e il suo corpo divengono paesaggi dell’anima, il lago e i suoi suoni, la vivacità della giovinezza sono come sospesi in un limbo, il limbo dell’attesa, la vertigine del conoscersi davanti a cui ci pongono gli sguardi non solo di Fabio, ma anche quelli della madre. E nello stendere i panni, sul finale, si ha la sensazione di un apparente ritorno a una normalità che non sarà più la stessa, dopo quel bacio. A dare corpo ai protagonisti del corto oltre a Jacopo Casalini e Aglaia Mora sono: Gabriele Careddu, Andrea Zani, Mattia Guarinoni e Male.
Il percorso di Andrea Negroni è un percorso di avvicinamento al cinema che passa attraverso una laurea in lettere conseguita a Bologna, un’esperienza di vita a Palermo e una ricerca fotografica sul campo nel quartiere Danisinni: «Mi piace fotografare contesti urbani e sociali difficili, spesso ai margini, ma cercando una narrazione che sia interna e che richiede permanenza nei luoghi e costruzione di relazione per poi scaturire nell’immagine, nel racconto fotografico – spiega -. Ho bisogno di essere parte degli oggetti e soggetti che narro e documento con le immagini. Per questo mi sono fermato un anno a Palermo. Questo mio stare ha poi prodotto la ricerca che mi ha permesso di conseguire la laurea magistrale. La stessa cosa vale per Matèl, ho girato il corto mentre insegnavo in Val Camonica, anche qui ho avuto bisogno di ambientarmi per poi raccontare, pur partendo da origini familiari».
Non da ultimo il titolo in dialetto dice di questa prossimità, di questa intimità che nel corto è destinata a essere in parte straniata da immagini di grande nitore, di assoluta definizione che finiscono – nel delirio del particolare – con essere astratte. «Il prossimo progetto è un corto che vorrei girare qui a Cremona in una casa di ringhiera che ho già individuato – spiega -. Per ora è solo un’idea e un progetto, ma la determinazione a realizzarlo c’è. E come sempre partendo da un luogo che conosco. Solo così mi sembra di poter scavare a fondo e trovare il senso di ciò che racconto».
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