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IL COMMENTO AL VANGELO

Solo i veri profeti stanano la verità

La chiamata alla responsabilità e alla coscienza viva nelle sfide della vita contemporanea

Don Paolo Arienti

16 Febbraio 2025 - 05:20

Solo i veri profeti stanano la verità

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne. Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
(Lc 6,17.20-26)

Nelle prossime domeniche, compresa la presente, l’evangelista Luca offre uno spaccato assolutamente efficace degli insegnamenti di GesùPietro a gettare ancora le reti. Il fascino di una persona si misura - ieri come oggi - sulla combinazione di diversi fattori: quel che dice, quel che fa, il senso delle sue azioni e dei suoi orientamenti… ed è questa la partita che Luca vuole approfondire aprendo quadri diversi, accomunati dal dialogo intenso e profondo tra Gesù e i suoi discepoli.

Si apre una scuola fatta non di banchi e di verifiche, ma di segni e parole che toccano la vita, la portano a contatto con il dramma della fragilità, l’urgenza della scelta, il desiderio di Dio di un’umanità capace di vita e non di morte. È in questo scenario che il fascino del predicatore si trasforma in parola consegnata, disturbante e coinvolgente: una dottrina che ha come scopo il suo trasferirsi nella vita di chi ascolta, confermando così il proprio carattere provvisorio. Provvisorio perché un insegnamento come quello evangelico a nulla servirebbe se non divenisse carne e sangue, se non provasse almeno a reggere lo scandalo della fatica di diventare storia.

Nel brano che oggi le comunità cristiane mettono al centro dell’Eucaristia, questa esigenza di concretezza è espressa facendo abitare al lettore scenari molto pratici, palpabili con mano, quali la ricchezza e la povertàpersecuzione. Condizioni esistenziali, non parole accademiche: perché solo lì si gioca la verità della vita. Nella stesura delle sue beatitudini, un po’ diverse per contesto e tenore letterario dal parallelo passo di Matteo, Luca sceglie - in coerenza con tutto il suo Vangelo - una formulazione più sociale: al centro viene fatto emergere il dissidio tra ricchezza e povertà, sicurezza e precarietà, gioia e pianto… dimensioni concretissime cui Gesù vuole parlare, perché è su questi snodi che lui ha molto da dire. Il dittico beati voiguai a voi… è quasi paradossalmente indirizzato alla stessa platea di discepoli e di folla, come se in ciascuno di noi, più o meno vicino alle posizioni del maestro, si consumasse la convivenza di ricchezza e povertà, capacità di affidamento e ripiegamento su noi stessi.

Non è nemmeno indicato un confine, una quantità minima che possa tacitare la coscienza e metterla al riparo dal ‘guai’: nulla si dice di quando un essere umano da povero diventerebbe ricco, di quando varcherebbe la soglia, abbandonando una sobrietà lecita per abitare sicuro con se stesso. Una questione rilevantissima anche oggi, dato il nostro tenore di vita e la percezione che tutto sia una minaccia a sicurezze acquisite. Luca consegna ai lettori una provocazione palese: è nella coscienza di ciascuno, una coscienza non assopita, formale, retorica, che si nasconde la risposta alla domanda; ed è in forza di questa coscienza inquieta che il discepolo diviene un pezzo di Vangelo vivente. Tutti sono sotto la condizione del monito, nessuno può dirsi escluso perché già povero o già in così grande difficoltà da ritenersi solo una vittima.

Lo spazio è davvero angusto e i confini assolutamente non netti e definiti. Questa chiarezza critica di Gesù che coinvolge la responsabilità di ciascuno davanti alla vita, propria e degli altri, è il primo grande contributo che Luca mette sulla bocca di Gesù. Nel profondo, ecco lo snodo: l’affidamento a noi stessi di una capacità vera di verifica e autocritica, perché le cose e le sicurezze non ci sovrastino, non ci circondino sino a costituire per noi una barriera di sola difesa.

Il riferimento ai veri e falsi profeti dovrebbe suggerire proprio questa riflessione: nell’antichità biblica, ma vale anche per noi oggi, i falsi profeti sono coloro che rassicurano, che chiudono a visioni più ampie in nome dell’autosufficienza anche ragionevole dell’essere umano: cerca la tua felicità… ne hai diritto… che ci puoi fare… non farti carico dell’altro… vivi serenamente... I veri profeti, ieri come oggi, sono invece coloro che rivendicano il peso dell’altro e ci stanano dalla nostra zona di autocontrollo: la loro è una parola di giustizia che non si accontenta dei piccoli orizzonti né delle mura ben protette di una casa. Sono solo i veri profeti quelli che stanano la verità delle cose, la loro complessità e la dignità delle vittime che ne pagano il prezzo. Loro e le loro parole sono il metro di misura per capire se si è per Gesù dalla parte giusta della storia.

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