L'ANALISI
09 Febbraio 2025 - 05:15
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
(Lc 5,1-11)
Chiunque sia stato sulle rive del lago di Tiberiade, immagina la scena. Luca parla di folle e forse si tratta di un riferimento realistico dato l’interesse, anzi la sete, che all’epoca la predicazione dei diversi rabbi suscitava. Situazione lontana anni luce dalla nostra contemporaneità, estenuata, forse deprivata anche di maestri veramente udibili, bruciata dall’intermediazione del digitale che appiattisce un po’ tutto e privatizza anche certi entusiasmi.
Il messaggio che Gesù porta (domenica prossima ne avremo un esempio di contenuto fortissimo, nella versione lucana delle beatitudini) deve in qualche modo arrivare a tutti: per questo il rabbi chiede un passaggio ad alcuni pescatori e dalla loro barca continua quell’ ‘oggi’ giubilare inaugurato qualche pagina prima. Le sue affermazioni, specchio di gesti e silenzi, posture e prossimità, riempiono il cuore.
Forse lo consolano, come in diversi si sono precipitati a precisare delle religioni che sarebbero sorte proprio per compensare paure e solitudini: ma forse lo provocano a non ritirarsi, a non chiudersi. Come è stato, proprio nel brano che le comunità cristiane oggi mettono al centro delle loro assemblee, per Pietro e i suoi soci: uomini adulti, pescatori di mestiere, delusi e rassegnati per una pesca insufficiente, anzi nulla, come accade anche oggi su tante rive di mari o inquinati o saccheggiati da predatori di diversa potenza.
Qualcuno, come i nostri protagonisti, resta sempre a mani vuote, a bocca asciutta ed assapora il gusto amarissimo di una vita lavorativa e familiare dura, fatta di fatiche e di contraddizioni. Ebbene è a persone come queste che Gesù, con tutta noncuranza di esperienze freschissime, chiede di riprendere il lavoro, rimettersi in gioco, buttare nuovamente le reti in acqua. La pesca che ne consegue è famosa nel mondo, ma anche nella storia dell’arte, come ‘pesca miracolosa’ e Luca si precipita a descriverne i particolari: le reti quasi si rompono, serve la collaborazione di altri pescatori… cose mai viste di giorno, quando di norma i pesci si fanno più furbi e svicolano dai pericoli.
Così, sostiene Luca, accade e quanto succede riempie Pietro e gli altri di stupore. Ci immaginiamo i loro volti, come pure i commenti di quanti a riva avranno assistito alla scena. Che Luca utilizzi questa enfasi per rimandare ad altro è scontato: a Luca interessa che la parola di Gesù, di quel profeta che ha scandalizzato i suoi connazionali scampando al linciaggio, sia davvero efficace e credibile, tocchi il cuore, cambi le carte in tavola. Per questa ragione il brano corre verso il suo culmine che non è la quantificazione fuori misura della pesca, bensì il nuovo ingaggio che Gesù propone al pescatore di Galilea: d’ora in poi sarà pescatore di uomini. Metterà le sue energie nel riassettare altre reti e la sua passione per dare corpo ad una predicazione impensabile sino a qualche tempo prima.
Perché i gesti e le parole del maestro dovranno essere visti, attestati, ripresi e narrati da testimoni oculari, completamente coinvolti, pur nella loro fragilità e nel loro limite. Anche le altre letture domenicali, da Isaia a Paolo, sono un commento meravigliosamente realistico alla debolezza di chiunque si prenda a cuore una grande causa: la sproporzione è evidente, schiacciante, eppure nella Bibbia ogni vocazione cade non sul migliore, non sul più preparato, ma su coloro in cui la grazia può brillare di più, in cui le condizioni possono mutare con più straordinarietà. Perché nulla è scontato o automatico, senza dubbio non lo è l’agire di Dio nel suo amore. La Parola ha costretto Pietro a mosse controfattuali, irrazionali se si vuole.
Perché dentro quei gesti potesse esplodere un di più che il buon senso non gli farebbe vedere. Ed è così anche per noi: solo quando non scuotiamo la testa davanti alle sfide del perdono e della speranza, della pace e della fraternità… quando osiamo andare oltre le convenzioni razionali che custodiscono i nostri giudizi e mettono solo ordine sterile nelle cose, le nostre reti si riempiono ed è possibile uscire ancora. Come ha fatto Pietro con i suoi soci, sino al punto di mollare tutto e stare con Gesù.
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