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LA STAGIONE D'OPERA

Con I Capuleti e i Montecchi l'amore non è convenzionale

Venerdì 31 gennaio alle 20.30 e domenica 2 febbraio alle 15.30 al Ponchielli la rivisitazione musicale di Bellini ispirata a Shakespeare

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

30 Gennaio 2025 - 09:51

Con I Capuleti e i Montecchi l'amore non è convenzionale

CREMONA - Gran finale della stagione lirica 2024/2025: al teatro Ponchielli approda, domani sera alle 20 e domenica alle 15,30, la produzione bresciana de ‘I Capuleti e i Montecchi’, un’opera del tutto sui generis nella produzione del compositore catanese Vincenzo Bellini. Il melodramma, infatti, debuttato nel 1830 al Teatro La Fenice di Venezia, fu in risultato di una rapida quanto efficace rimaneggiatura dell’opera Zaira, debuttata pochi mesi prima a Parma.

Uno dei flop più clamorosi di Bellini, causato, si dice, da una vera e propria congiura ai danni del giovane compositore, in quegli anni il nome più in voga nel mondo del melodramma. Una vita fulminea, consumata nel giro di trent’anni — quella di Bellini — tra la bellezza fascinosa dell’eroe romantico, del dandy con la sua immensa collezione di guanti (un costoso quanto necessario accessorio, all’epoca), e la sua indole furibonda, frenetica, scomposta (doveva sputare sangue, diceva, per scrivere), litigiosa e passionale (a Cremona si ricorda la relazione con Giuditta Turina, possidente di Casalbuttano presso cui Bellini soggiornò a lungo proprio dopo l’insuccesso di Zaira).

Le opere di Bellini si contano sulle dita di due mani: dieci. Ognuna di esse è un parto. Ma d’altra parte, intorno a sé, Bellini costruisce un vero e proprio mito. Nello stesso lasso di tempo il suo competitor numero uno, tal Gaetano Donizetti, componeva il triplo delle opere. Bellini incarna dunque, sì, l’artista bello, aristocratico e dannato, ma è anche l’uomo di teatro capace di costruire lunghi e intensi momenti drammaturgici costruiti sulla melodia come un climax emozionale vòlto all’esplosione del sentimento. Non un teatro d’azione e di parola come quello di Donizetti, prima, e poi di Verdi, solo pochi decenni dopo, ma un teatro di palpiti e sospiri, di sussurri.

Il regista Andrea De Rosa

I duetti di Romeo e Giulietta (vedi ‘Sì, fuggire, a noi non resta’, al primo atto), in quest’opera, si configurano come ampie arcate di melodia e belcanto. Così, in barba al Bardo, Romeo e Giulietta non muoiono gabbati dal destino, uno in fila all’altro, ma ancor peggio assistono contemporaneamente l’uno alla morte dell’altro, un trionfo dell’amore in pieno stile romantico: coi due giovinetti che muoiono cantando insieme. Vedremo, domani sera, due donne sul palco. Sì perché quello di Romeo è un ruolo affidato ad una donna e come da tradizione (avendo il mondo della musica dovuto rinunciare da oltre due secoli ai castrati) il ruolo di un giovinetto non ancora del tutto formato è ricoperto da un mezzosoprano.

Nulla di strano: si pensi a Cherubino nelle Nozze di Figaro, a Oscar nel Ballo in maschera. Si diceva: un mezzosoprano. E che mezzosoprano. Per Annalisa Stroppa, Romeo è un vero e proprio cavallo di battaglia. Numeri musicali importanti di Romeo, oltre al duetto con Giulietta, saranno l’aria con coro ‘Se Romeo t’uccide un figlio’, e ‘Tu sola, o mia Giulietta’. Al suo fianco, nel ruolo di Giulietta, un’altra grande interprete: Benedetta Torre, che dovrà affrontare l’aria centrale e amatissima ‘Oh quante volte, oh quante’. A completare il cast, Matteo Falcier nei panni di Tebaldo, Matteo Guerzè in quelli di Lorenzo, e Baopeng Wang come Capellio.

Il direttore d'orchestra Sebastiano Rolli

La direzione è affidata a Sebastiano Rolli, interprete apprezzatissimo da pubblico e critica per la capacità di coniugare filologia e rinnovamento. La regia è affidata ad Andrea De Rosa e al suo team artistico, composto da Daniele Spanò (scene), Ilaria Ariemme (costumi) e Pasquale Mari (luci). De Rosa propone una lettura contemporanea del lavoro belliniano basandosi su una riattualizzazione del contrasto familiare (trasposto al limite della tifoseria) e dello scandalo amoroso. Se, infatti, ai tempi di Shakespeare e poi di Bellini, a fare ‘scandalo’ (ma più che altro a turbare lo stato naturale delle cose) era un amore politicamente sconveniente, oggi a suscitare scandalo o agitazione, secondo De Rosa, sono le questioni di genere, l’omosessualità, e gli amori, insomma, ‘non convenzionali’. Romeo en travesti resta, dunque, una donna, che ama un’altra donna.


Ma la scelta si giudichi in scena, e mai aprioristicamente. Il pubblico intelligente è quello che va a teatro accettando la sfida, è il pubblico disposto a superare le proprie barriere. Guarda, ascolta, capisce. E poi giudica. E questa è una caratteristica che il pubblico di Cremona ha sempre saputo dimostrare.

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