Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

IL COMMENTO AL VANGELO

Gesù tocca la carne dell’umana miseria

Il figlio di Dio non è per Luca un’idea, o peggio una ideologia. È una persona che entra nella storia, la abita in tutta la sua profondità, assumendone anche le contraddizioni e i mali radicali

Don Paolo Arienti

26 Gennaio 2025 - 05:05

Gesù tocca la carne dell’umana miseria

Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
(Lc 1,1-4; 4,14-21)

Chi era quel Teofilo cui Luca indirizza il suo scritto? Forse un amico, forse un ricercatore… ma probabilmente Teofilo, che significa in greco ‘amico di Dio’, può essere identificato con chiunque abbia desiderio di amare Dio, cercarlo nella sua vita, desiderare di stare con lui… un po’ come accade tra amici, calcolate ovviamente le debite differenze. Che Luca dedichi il suo Vangelo ad ogni lettore interessato, di qualunque latitudine e tempo, libera per certi versi anche il suo messaggio dai vincoli del particolarismo, per trasferirlo alle porte di ogni esperienza umana.

Quello che Gesù proporrà con i suoi gesti e le sue parole per Luca tocca la sostanza dell’umanità: la vita e la morte, la qualità delle relazioni, il mistero del male e la forza del perdono... Davanti e dentro il mistero dell’umano il vangelo suona come una pretesa, un invito pressante a riconoscere una visita e a coglierne il peso. Tanto da divenire addirittura strano o insopportabile soprattutto per i nostri tempi, abituati ad una spiccata autonomia assoluta: solo io sono al centro e solo io governo ciò che entra e ciò che esce dalla mia vita. Si indeboliscono i legami che risultano a volte faticosi, come una schiavitù, e l’altro prende la forma sinistra della minaccia, della concorrenza, della maledizione. Dio, se esiste, ci precede e per certi versi nell’immaginario collettivo ci sovrasta. Questo suo stare al di sopra, così come è stato raffigurato nell’arte, nella spiritualità, nelle categorie filosofiche o nelle cose pratiche di un mondo credente, dà fastidio e innervosisce: sa di controllo e di autoritarismo. Puzza di sospetto.

Luca – dal canto suo - immagina un sovrastare di Dio in forma diversa: la sua potenza, la sua pretesa si faranno conoscere secondo codici che definire inconsueti, paradossali è davvero dir poco! E ce lo dice anche nel brano odierno utilizzando due registri: quello dell’evento storico che però lascia liberi di credere o non credere, e quello dell’oggi che Gesù proclama nella sinagoga. Luca insiste sul fatto che il suo illustre Teofilo può incontrare Dio nella vicenda concretissima della storia, perché si è fatto evento, biografia, parola e gesto. E racconta, qualche pagina più avanti, della pretesa di Gesù di interpretare l’‘oggi‘ della salvezza, dandole un volto reale, liberante. Come è l’ossigeno per chi è in apnea, o la possibilità si muoversi per chi è immobilizzato.

Gesù non è per Luca un’idea, o peggio una ideologia. È una persona che entra nella storia, la abita in tutta la sua profondità, assumendone anche le contraddizioni e i mali radicali: Dio in Gesù non sta solo nei cieli e non sta solo in trono. La sua santità si sporca le mani con la polvere dell’umano, con la precarietà di una vita che richiede di essere visitata, accudita, liberata. Ora Dio si rende vicino perché la salvezza non risuoni più come categoria accademica, metafisica, ma abbia tutto il gusto e il sapore pieno di ciò che riempie la vita. E l’elenco così iperbolico che Luca desume da Isaia lo ricorda e lo proclama: sono venuto – dice Gesù nel brano odierno – per liberare… inaugurare l’anno di grazia… portare una buona notizia ai poveri… insomma a toccare davvero la carne della miseria umana, ben prima delle aule universitarie o delle stanze dell’alta politica. Un giubileo fatto persona, di cui i giubilei periodici altro non sono che una rievocazione, una memoria e una ripresentazione nei codici, a volte grossolani e artigianali, delle ritualità e delle cose da fare, magari anche da ‘acquistare’. La sfida per i credenti e le loro comunità (come sarebbe bello poterne parlare… sottraendo la spiritualità al solo codice dell’intimo non condiviso!) sta proprio nel mettere alla prova quel suo ‘oggi’: una sfida a saper vedere, riconoscere, magari anche soffrire proprio mentre si cerca di credere, ovvero di affidarsi alla qualità di una presenza che non si accontenta di parole.

All’umano servono carne e storia: e solo dentro questa carne e storia, nella forma di un gesto o di una parola, di una vicinanza o di una benedizione, si può realizzare una salvezza significativa, leggibile… tanto divina perché umana.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400