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IL COMMENTO AL VANGELO

Maria, una donna e un nuovo inizio

La festa dell’Immacolata suggerisce che la bellezza che Dio ammira nelle sue creature, secondo un punto di vista non superficialmente estetico né debitore di qualche manipolazione digitale

Don Paolo Arienti

08 Dicembre 2024 - 05:10

Maria, una donna e un nuovo inizio

Immacolata, di Bartolomé Esteban Murillo

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
Lc 1,26-38

Il colore aurorale dell’Avvento lascia oggi nelle chiese il posto al bianco. È una parziale ‘interruzione’ del cammino in ragione di una festa molto particolare: l’attenzione al destino di grazia di una giovane donna ‘preservata’ – questa la sintesi dottrinale cattolica – dal peccato di origine. L’immacolata concezione, appunto. Varrebbe la pena fare attenzione a due rischi. Il primo: immaginare che alla condizione iper-moderna contemporanea nulla abbia da dire una storia (forse troppo romanzata?) di una madre-vergine e di una sua singolare eccezionalità. Il secondo: esagerare a tal punto la singolarità di Maria da farne una quasi-divinità, una figura aerea, tanto celestiale da dover rinunciare alla verità (fragile) di un corpo e alla oscurità (necessaria all’umano) di un cammino, anche di fede.


Il brano di Luca che viene letto nelle chiese (gli Ambrosiani, i Milanesi, hanno invece scelto di spostare la ricorrenza al 9 dicembre, conservando il ritmo originario dell’Avvento) è decisamente famoso. Chi non ricorda straordinarie sue trasposizioni artistiche come l’Annunciazione del Beato Angelico esposta al Prado o quella agli Uffizi di Leonardo? Opere di cui il genio italico va fiero, espressioni di quel connubio tra arte e fede che trova la propria sintesi nella bellezza. E della Madonna si cantava e si canta che lei è «la tutta bella».


Rileggere l’annuncio cristiano oltre i codici della morale (il dramma accecante del peccato, il suo superamento costoso…) o del racconto di fondazione (nella nostra cultura il Cristianesimo ha comunque lasciato una traccia…) a favore della bellezza suona spesso strano. È strano ricordare che i ragazzini cresimati, un tempo definiti ‘soldati di Cristo’, siano ‘solamente’ belli, ‘solamente’ profumo di vita per le comunità e per le famiglie che li crescono. È strano credere che la progressione della luce dell’Avvento si accenda e cresca su di un mondo anche bello, degno di essere accolto con lo stile della benedizione e della gratitudine.

È strano che un anziano che ci lascia, un ammalato che lotta per la vita, un lavoratore o un insegnate che compiono con passione un dover-esserci per gli altri… siano anche bellezza. La festa dell’Immacolata suggerisce proprio questo: la bellezza che Dio ammira nelle sue creature, secondo un punto di vista non superficialmente estetico né debitore di qualche manipolazione digitale. Dio sa vedere la bellezza gratuita di ciò che viene al mondo e in questo senso è il vero creatore: chi crea non è solamente chi produce, magari per sbaglio, o chi manipola; ma solo chi accoglie e autorizza, chi benedice il proprio lavoro perché genera vita.


Secondo Luca il ‘sì’ di Maria, espressione apicale di un intreccio misterioso e incomprensibile di grazia e libertà, destino e desiderio, ha dato avvio alla storia più bella del mondo, quella dell’amore che gratuitamente visita l’umano e lo salva, perché lo trasferisce sotto un potere non prepotente, ma autorizzante, nella regione di un abbraccio che non stritola in modo possessivo, ma libera per la vita.
Maria nella fede cristiana è come un nuovo inizio. E solo una donna, capace di mettere al mondo, può essere davvero l’icona concretissima di questa nuova ripartenza.

Non è un caso che anche nella cultura ebraica, fortemente patriarcale come patriarcali erano quasi tutte le civiltà antiche, legate allo stereotipo della potenza generativa solo maschile, sono poi le donne a salvare Israele quando la sua storia si inaridisce e la sua vena di fecondità cede al rischio dell’estinzione. Serviva, e serve ancora oggi, qualcuno di femminile che possa gestare una vita nuova, una vita di bellezza, e dire un ‘sì’ convinto alla speranza, assumendosi il rischio di ‘mettere al mondo’. Nella narrazione lucana Maria obietta realisticamente, come hanno obiettato nel cliché letterario delle vocazioni tutti i personaggi chiamati nella Bibbia: ma l’obiezione è come superata da una parola di conforto che immette Maria in una storia di generatività rischiosa, aperta, fiduciosa.


Se al di là della fede di ciascuno e delle convinzioni di genere, ci potessimo davvero specchiare nella dinamica accaduta a questa giovanissima donna, adducendo con sincerità anche noi le nostre riserve alla ricerca di una parola di vero conforto, forse il pessimismo plumbeo che registriamo in noi e attorno a noi almeno un poco… si diraderebbe.

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