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AL TEATRO PONCHIELLI

Piccolo e Pif, l'(in)felicità è tempo sospeso

La torta alle festine dei figli o il taschino del pigiama: piccole riflessioni rubate alla quotidianità che ti aprono scenari ora apocalittici, ora drammatici, ma che a raccontarli sono, alla fine, comicissimi

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

21 Novembre 2024 - 17:38

Piccolo e Pif, l'(in)felicità è tempo sospeso

CREMONA - Che cosa sono i Momenti di trascurabile (in)felicità? Sono piccole riflessioni rubate alla quotidianità che ti aprono scenari ora apocalittici, ora drammatici, ma che a raccontarli sono, alla fine, comicissimi. Per capirlo bastava essere ieri sera al Ponchielli per il reading/spettacolo di Francesco Piccolo e Pif, liberamente ispirato ai libri-vademecum di momenti di felicità e infelicità, firmati dallo scrittore e sceneggiatore cinematografico che dai medesimi libri ha tratto l’omonimo film, diretto da Daniele Luchetti. Due leggii, due sgabelli e null’altro: il racconto di Piccolo con incursioni di Pif.

Francesco Piccolo


La voce di Pif racconta di quel momento a teatro che divide l’aprirsi del sipario dalla prima battuta che dice come sarà lo spettacolo. Ed è un po’ quello che accade al recital in procinto di iniziare. C’è poi il pensiero che quello spettacolo non finisca mai, che il tempo non passi, proprio come alle festine degli amichetti dei figli, in cui i genitori sperano che il proprio bimbo si annoi per andarsene. Ma quando questo accade arriva la frase fatidica dei genitori del festeggiato: «Ma ora c’è la torta».

Cosa rispondere, si chiede Piccolo. Ed è un bel dilemma, sottolineato con un caloroso applauso dal numeroso pubblico della serata di apertura del cartellone di prosa 2024/2025. Tante piccole verità come l’interrogativo sul perché nei pigiami c’è sempre il taschino? A cosa serve? Oppure un momento di trascurabile infelicità è «quando mi dicono: ti potevi vestire meglio e io mi ero già vestito meglio». E via fra racconti di vita famigliare e la frase della moglie che gela ogni programmazione con: «E se poi moriamo»?

Pif, Pierfrancesco Diliberto


Piccolo tiene per sé le parti più strettamente autobiografiche, mentre Pif si concede piccole stilettate, freddure che sollecitano il commento: «Anche me capita, ma dai...». Sul modello: «Perché il benzinaio ti dice di andare un po’ avanti, non appena hai spento la macchina?». E poi perché «il prete quando legge il messale va avanti e indietro con strani segnalibri? Non si potrebbe fare un libro con un inizio e una fine? A nessuno è mai venuto in mente».

Il pubblico sta al gioco, si ritrova, applaude e Piccolo e Pif mostrano di divertirsi, ogni tanto incespicano in qualche battuta, ma anche questo ci può stare in una serata informale, di chiacchiere fra amici e di piccole riflessioni sul senso della vita. E in un gioco fatto di piccoli racconti e fulminanti freddure, la parola passa poi agli spettatori con Pif che si aggira in platea, cercando dal pubblico i piccoli momenti di felicità o infelicità. «A Piacenza avevano tutte le mani alzate», sollecita Pif e c’è chi timidamente risponde e dà anche soddisfazione a certi interrogativi posti dal duo in scena.


È il caso di don Gianluca Gaiardi, responsabile dei beni culturali della Diocesi, che confessa: «Il mio momento di trascurabile infelicità è stato quando ho perso il segno nel messale», dice. E Pif: «Che cosa aveva perso?», «la Prefatio». E cos’ha fatto? «Ne ho recitata un’altra, intanto nessuno se ne è accorto». E parte l’applauso del teatro. Pif: «Questa vale mille punti, più che a Piacenza, ma poi non ci siamo mai stati a Piacenza, in realtà». Momenti di autentica e non trascurabile serenità teatrale.

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