L'ANALISI
05 Novembre 2024 - 10:42
Nicolò Govoni e il nuovo saggio oggi in tutte le librerie
CREMONA - «Ho appena finito di insegnare. I miei ragazzi qui in Kenya e nelle altre scuole di Still I Rise sono il mondo possibile», confessa Nicolò Govoni nei giorni che precedono l’uscita del suo ultimo libro per Rizzoli, intitolato appunto ‘Un mondo possibile. Dieci idee per cambiare il futuro e la tua vita ogni giorno’, da oggi nelle librerie.
Qual è il mondo possibile a cui fa riferimento?
«Un mondo in cui sia ancora possibile avere speranza, immaginare con ottimismo il futuro. È possibile farlo, proprio partendo da alcune considerazioni statistiche che forse ci fanno vedere meno cupo il nostro stare al mondo».
A cosa si riferisce?
«Il mondo in cui viviamo non è così male, ma può essere migliorato. Se pensiamo allo stato della povertà: duecento anni fa l’85% della popolazione viveva in uno stato di povertà estrema. Settant’anni fa la percentuale è scesa al 50%, trent’anni fa al 36% e oggi abbiamo raggiunto il minimo storico: 9%. Certo l’eradicazione della povertà dal pianeta è ancora lontana: oltre 700milioni persone vivono oggi con un reddito giornaliero sotto ai 2,15 dollari e 22mila bambini muoiono ogni giorno per cause riconducibili alla miseria. Bisogna migliorare, nessuno lo nega. Anche per quanto riguarda la scolarizzazione all’inizio degli anni Duemila più di 400milioni bimbi non andavano a scuola, ora se ne contano 240milioni. Se poi pensiamo al senso di paura e insicurezza possiamo fare qualche raffronto guardando al passato. Nel Medioevo a morire di morte violenta era il 12% del totale, negli ultimi cento anni siamo passati all’1,3% e questo dato include anche le due guerre mondiali del XX secolo ».
La conclusione qual è?
«Che lo si voglia o meno viviamo in un mondo più sicuro, più equo e meno violento di quello dei secoli passati. Ma questo non basta, bisogna fare di più».
A questo punta l’ ultimo libro?
«Per carità non vuole essere una guida al pensare positivo. I dati oggettivi dicono che il mondo sta migliorando. La domanda da porsi è perché abbiamo una sensazione opposta? Perché seminare paura, infelicità fa vendere e accresce la ricchezza di chi esercita il potere, viviamo in una società congegnata per creare insoddisfazione, l’insoddisfazione fa produrre di più. La soddisfazione arresta i processi produttivi. E come si fa a tenere sotto controllo un popolo? Si instilla la paura dell’altro, ma anche delle novità?».
Da dove parte la costruzione di un altro mondo possibile?
«Dalla domanda che Nicoletta Fiorani, la mia professoressa del liceo Manin, mi ha suggerito di farmi sempre: Chiediti il perché delle cose? Bisogna avere la forza di mettere in discussione ciò che pare ovvio, intrecciare le fonti, costruire un proprio pensiero critico. A questo lavoro punto da dieci anni nel mio modo di vivere e nella costruzione delle scuole d’eccellenza come quelle di emergenza. Tutto questo si compie affrontando le nostre paure, accettandole come un dono possibile, accettando anche il fallimento. Io ero dato per fallito dai miei professori e ho dimostrato, credo, il contrario».
Paradossalmente la scuola l’ha ferito, ma la chiave di volta per costruire il suo modo di agire nel mondo è partito dalla scuola, una scuola diversa da quella che l’ha segnata.
«Dall’istituzione che mi aveva umiliato sono partito e ho trovato un modo per rieducarmi, non solo chiedendomi il perché, ma partendo anche dal mio fallimento. Trasformare le cadute in opportunità per rialzarsi è possibile».
Ma come?
«Scoprendo lo scopo che è dentro ognuno di noi. Per questo nelle mie scuole abituiamo i bambini a chiedersi e perseguire ciò in cui si è bravi, ciò che piace, riflettendo se questo possa aiutare il mondo e cercando di capire se ciò possa dare da vivere. Ed è qui che entrano in gioco passione e perseveranza, la capacità di perseguire con tenacia il sogno che ognuno ha dentro di sé. Tutto ciò riconduce a educare i bambini a credere in loro sessi e nelle loro qualità, riconoscendole come tali. L’esatto contrario di quello che accade nelle scuole normali».
Ciò che racconta è una sorta di training motivazionale?
«Racconto la rivoluzione interiore che dobbiamo coltivare e che poi necessariamente porta all’azione. Si passa all’impegno nel volontariato etico, alla cooperazione, alla capacità di resistere e di porsi in gioco, anche nel proprio territorio. Il vero volontariato non ha come fine i soldi, sa tener conto degli obiettivi, selezionare le persone adatte, supervisionare ciò che accade e puntare sulle specializzazioni dei propri membri. Solo così si cresce. Nel libro ci sono poi i capitoli dedicati al boicottaggio, a piccole e grandi azioni comuni per cambiare, alla voglia di mettersi in azione per abbattere lo statu quo, puntando sulla conoscenza e sul pensiero critico. E in questo ambito porto gli esempi Mandela, Lubumba, Assange, Gandhi esempi di resistenza e azione contro ciò che sembrava immutabile».
E tutto ciò porta a cosa? O meglio: a cosa può davvero condurre?
«Al cambiare il sistema, come spiego, raccontando l’esperienza di Still I Rise. Siamo riusciti a ottenere il baccalaureato, ovvero la certificazione nata per le scuole dei diplomatici, un percorso di studi d’eccellenza che noi abbiamo portato agli ultimi del mondo. Nel penultimo capitolo racconto l’esperienza di Still I Rise e l’importanza dell’istruzione come rivoluzione dello statu quo».
La chiusura del libro ha come titolo ‘Ama’.
«Si tratta di una chiusura che coniuga azione interiore e azione collettiva. L’attenzione agli altri, da soli non facciamo nulla, c’è bisogno di recuperare la fiducia negli altri, avere la forza di agire con gli altri e per gli altri, condividere i medesimi obiettivi di speranza. A intervallare ogni capitolo ci sono i racconti e le fotografie dei nostri ragazzi, le loro storie che sono la testimonianza di come un mondo altro sia possibile».
I fondi che raccoglierà con la vendita del libro andranno per l’apertura di una scuola di Still I Rise in Italia.
«L’emergenza educativa nel nostro Paese è ormai sotto gli occhi di tutti. La scuola italiana è infelice. Solo il 26% delle ragazze e il 17% dei ragazzi si dice contento di andare a scuola, contro una media europea del 56%. (Fonte: OCSE). La scuola italiana è insalubre. Sono questi alcuni dati che credo bastino a raccontare il perché è davvero necessaria una rivoluzione, un cambiamento che parta della scuola».
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