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IL COMMENTO AL VANGELO

Quale vera identità nasconde Gesù?

La domanda pungola tutti: i credenti a non accontentarsi di qualche vaga nozione religiosa; i non credenti o gli agnostici ad interrogarsi ugualmente su che cosa tocchi davvero il cuore precario dell’uomo

15 Settembre 2024 - 05:10

Quale vera identità nasconde Gesù?

In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».
Mc 8,27-35

Siamo giunti al cuore del Vangelo di Marco, o meglio al suo centro geografico e letterario. Il lettore del Vangelo più breve si è inerpicato attraverso la comparsa di Gesù che dal deserto inizia la sua missione profetica; ha attraversato la sua giornata tipo; ha sentito descrivere i particolari anche fisici di alcuni segni miracolosi; ha constatato un successo quasi mondano del nuovo taumaturgo che è rincorso per i suoi poteri di liberazione. Ora, quasi alla sommità di un alto monte, dove si potrebbe toccare con mano il cielo, arriva una formidabile sterzata: invece di contemplare il cielo ed il potere divino, siamo precipitati a terra, anzi sottoterra, perché la vera identità di Gesù viene svelata nel controsenso della morte.

Anzi, quasi a voler subito chiarire che questa inversione non è un colpo amaro del fato, Gesù si affetta ad ammonire che la stessa sorte, quella del perdersi e dello svuotarsi, toccherà anche ai discepoli: a chiunque vorrà salvare la propria vita, ovvero a chiunque vorrà darle consistenza, renderla piena e capace di senso, anzi di eternità. Salvezza, infatti, non ha altro senso se questo: pienezza, profondità, conservazione… a ben pensarci è lo stesso senso che applichiamo ad espressioni come salvare un file, salvare sulla chiavetta… se si perde un dato, una informazione, tutto è compromesso, tutto è perso.

Pietro, da poco portavoce di un gruppetto di adulti entusiasti e disposti a lasciare lavoro e casa per una causa strabiliante, osa contraddire; si accontenta di una risposta esatta sul piano della teologia classica di Israele, ma troppo lontana dal senso sconvolgente che Gesù vuole introdurre, anche a costo di restare inascoltato. Pietro si trasforma inconsapevolmente in un ‘satana’, in un divisore, perché finisce con l’ostacolare Gesù stesso dal perseguire la propria idea, tornando al passato, al rassicurante, al potere divino inteso come tuono, fulmine, miracolo che sistema in un batter d’occhio tutto quanto.

Così Marco ci offre questa inversione e ci accompagna, nelle pagine seguenti, a cogliere con sconcerto le conseguenze di un annuncio che spiazza: Gesù resterà progressivamente solo, molti se ne andranno, l’incertezza e l’incredulità prenderanno il sopravvento anche dei discepoli più vicini… insomma si prepareranno le quinte per l’atto finale, quello della nuova Pasqua, la croce e la risurrezione. E mentre inaugura questa vertiginosa discesa dal monte, ecco che l’evangelista pone al lettore di ogni tempo la domanda cruciale: chi sarà mai questo Gesù? Quale vera identità nasconderà tra le pieghe delle sue giornate? In fondo, a chi sarà possibile e sensato credere? La risposta, qualunque risposta non superficiale, avrà il tono della crisi e la profondità del dramma.

Se Gesù è davvero la rivelazione dell’amore di Dio nella forma del servo, tutto cambia. Se Gesù è davvero quella vicinanza che dà sostegno anche alla povertà e all’abbandono perché dichiara che Dio è anche lì, tutto assume una nuova luce. Allora dire che Gesù è il Cristo, l’unto, il consacrato, proprio non basta: perché Marco ci ricorderà con insistenza che l’olio di consacrazione di questo unto di Dio sarà il sudore della via dolorosa e che il suo trono sarà una croce.

Che cosa sopravvive di religioso in questo nuovo Vangelo? dove sta la buona notizia se anche Dio non esercita il potere della vendetta e della giustizia materiale? Resta l’illusione di una consolazione inutile? Resta un’ennesima disperazione? Resta e si apre un nuovo modo di vedere le cose, che dà senso anche alla speranza degli ultimi? A volte anche il Cristianesimo si è ridotto a dottrina troppo semplicistica, ha messo a tacere le domande più cruciali dell’umanità, assumendo i panni della favoletta. Qui, nelle pagine di Marco, c’è tutt’altro: c’è il dramma di una nuova teologia e di una nuova fede, più difficile e meno scontata, forse più profonda. E la domanda – chi sono io per la gente e per voi? - così rimane. E pungola tutti: i credenti a non restare sulla soglia, accontentandosi di qualche vaga nozione religiosa; i non credenti o gli agnostici ad interrogarsi ugualmente su che cosa tocchi davvero il cuore precario dell’uomo.

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