L'ANALISI
11 Settembre 2024 - 11:47
Licio D'Avossa con i bambini di Mabrui
CREMONA - Ci sono storie di vita che si ha l’urgenza di raccontare, vogliono uscire a tutti i costi, come se il racconto fosse l’unico vero modo di trasmettere conoscenza ed emozione a chi ha la fortuna di ascoltare. Storie che gridano: ci sono, sono qui, sono nel mondo e che badano ai fatti più che alle parole, a sostenere il bisogno ogni qualvolta si presenti, che si nutrono del bene ricevuto e di quello generato. Che perseguono verità e giustizia, battagliere fino alla fine, mai dome.
«Vite intense, lucenti, emblematiche» come quella di Licio D’Avossa, raccolta e raccontata da Francesca Codazzi e diventata un libro, «Licio, il mendicante di Dio» (Edizioni Cremona Produce, pp. 79, 2024, con la stampa curata da Fantigrafica). Alla curatrice D’Avossa ha aperto casa e cuore: ex politico di lungo corso nelle file del Pci cremonese, poi presidente del tribunale dei Diritti del malato, filantropo-volontario con l’associazione Cremona For Kenya e promotore di iniziative solidaristiche nel segno del dialogo interreligioso, ha inteso così trasmettere con generosità e semplicità le sue emozioni più profonde, indicare le tappe di un cammino lungo e intenso — nel pubblico e nel privato più intimo — che al centro pone il ritorno alla fede, né conciliazione né rinascita — sul sentiero di una vita spesa alla ricerca del bene.
«Seguivo il messaggio evangelico anche quando non ne ero consapevole — confessa —. Da tempo lo sono diventato, e sono molto felice. Dedico questo libro a monsignor Dante Lafranconi, da lui sono venute le esortazioni a raccontare la mia storia, soprattutto le pagine le pagine più preziose ed esaltanti del ritorno alla fede». Nel libro si susseguono dodici capitoli, tutti introdotti da una citazione d’autore. Dall’infanzia agli anni di scuola, dal lavoro in banca all’attivismo nel PCI, dal carteggio con papa Bergoglio all’esperienza come presidente del tribunale del Malato, dal colpo di fulmine «che dura da 63 anni» per Rosalba, sua moglie, all’impegno nel volontariato e nella carità, in Kenya soprattutto.
«Sono il sesto, ovvero il primo del secondo scaglione», scherza D’Avossa, sesto figlio di una nidiata di dieci e «di una famiglia importante» ritratta al gran completo nella fotografia che apre il libro. Licio, quattro anni, è vestito da Balilla e fa le boccacce al fotografo. Porterà i pantaloni corti fino a 15 anni. «È stata un’infanzia felice - racconta con velata nostalgia — giocavo a mondo, con la palla, c’era tanta povertà ma anche senso di comunità, fratellanza. Giocavamo per strada scalzi, sui ciottoli, quando passava una macchina tutti a rincorrerla. Scene che rivedo in Africa, oggi». In Kenya D’Avossa ha costruito cinque scuole.
«Strutture che ospitano 600 studenti ciascuna», bimbi oggi diventati adulti che D’Avossa ha aiutato ma nulla avrebbe potuto senza la generosità dei cremonesi, «un esercito... non mi hanno mai lasciato solo, mai. Laggiù ci sono più bambini che foglie sugli alberi». Il prossimo anno Cremona for Kenya compie 30 anni, il bilancio sociale è solido, sono soprattutto donne e bambini ad avere bisogno di strumenti per riscattarsi e autodeterminarsi. «Non dimentichiamolo, la cultura guarisce dall’ignoranza, offre gli strumenti per difendersi, addestra alla libertà e alla democrazia», aggiunge. In Kenya Licio D’Avossa ha incontrato papa Bergoglio.
«Era il 2015, per l’occasione ho organizzato la carovana della pace Mombasa-Nairobi. È stato un incontro privato. Gli ho detto: Vengo da una città che ha il cuore grande e generoso...». Si può pensare al libro ‘Licio, il mendicante di Dio’ come ad un diario personale che procede a zig zag, tra pagine meravigliose e incidenti di percorso. Ma D’Avossa è un combattente, testimone «di una generazione forte, autorevole, quella in cui basta una stretta di mano». Quella di Licio è energica, lui non molla mai.
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