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L’INIZIO DELL’OCCUPAZIONE TEDESCA

Otto Settembre: gli albori della Resistenza

Dopo la firma di Cassibile e l’annuncio di Badoglio, la Wehrmacht in città malgrado gli atti eroici dei militari

Barbara Caffi

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bcaffi@laprovinciacr.it

08 Settembre 2024 - 10:22

Otto Settembre: gli albori della Resistenza

CREMONA - «Fu una tiepida giornata di fine estate, quella dell’otto settembre 1943 a Cremona. C’era stato un ‘segnale d’allarme aereo’ al mattino: si era sentito un rombo di aeroplani (una cinquantina che provenivano dal sud e, dopo essersi accostati al corso del Po oltre il ponte, si erano allontanati dirigendosi a Milano); ma ormai i cremonesi che a ciò erano abituati sin dall’inizio della guerra, tolti i pochi timorosi che ad ogni ululato delle sirene si precipitavano nei ‘rifugi’ il restante dei cittadini, cioè la maggior parte, continuò a svolgere, come ogni giorno, le occupazioni abituali. Quarantacinque giorni erano trascorsi dal 25 luglio»: lo scrive, su «La Provincia» del 25 aprile 1965, Giuseppe Cugini, colonnello, grande invalido mutilato al fronte durante la Grande guerra, e successivamente appassionato ricercatore di storia locale.

LA TESTIMONIANZA

È lui a raccontare nei dettagli la ‘battaglia di Cremona’ dopo l’armistizio, le ore convulse in cui i tedeschi - passati da amici a occupanti nel tempo di una firma - si presero la città e il Paese. La resa incondizionata del Regno d’Italia agli Alleati è siglata a Cassibile, alle porte di Siracusa, il 3 settembre 1943, ma viene resa nota ufficialmente solo l’8, quando alle 19.42 dai microfoni dell’Eiar la radio trasmette il proclama del maresciallo Pietro Badoglio, già spietato governatore di Tripolitania e Cirenaica, responsabile dell’uso del gas iprite e altre armi chimiche nel Corno d’Africa e tra i firmatari del Manifesto della razza.

È lui infatti che, su incarico del re Vittorio Emanuele III, guida il governo dopo la caduta del fascismo e l’arresto di Benito Mussolini. A Cremona come nel resto d’Italia il suo annuncio entra nelle case a cavallo dell’ora di cena. In realtà tutti sanno già tutto o quasi. Nello stesso pomeriggio, alle 17,30 (18,30 in Italia), la notizia è anticipata da Radio Algeri prima e da Radio Londra poi. Trasmissioni proibite, naturalmente, che pure si riuscivano ad ascoltare di nascosto. Molti cremonesi, ricorda Cugini, «emozionati uscirono dalle proprie abitazioni confidando a vicini ed amici la ‘sensazionale notizia’ che immediatamente si propalò in tutta la città».

LA GUERRA E' FINITA

Ci fu un’iniziale titubanza, un senso di incredulità e solo in serata «manifestazioni di gioia perché ognuno pensava che la guerra era finalmente terminata e che i figli od i mariti, anche quelli che erano stati fatti prigionieri dagli anglo-americani, sarebbero ritornati a casa. Una ventata di gioia era esplosa in tutti». Ma già intorno alle dieci di sera cominciano a circolare «autocarri tedeschi accompagnati da motociclisti armati». Caffè e osterie si svuotano, «il tenente colonnello Zickler capo della Platz Komandatur (cioè il Comando di Piazza tedesco sito parte nel palazzo Trecchi in città nella via omonima e parte nella suburbana Villa Santa Maria) - scrive Cugini - a sera aveva telefonato al generale Florio comandante il Presidio di Cremona chiedendogli la resa immediata della guarnigione per evitare che la città venisse sottoposta ad azione bellica. Tale proposta naturalmente, ebbe un deciso rifiuto». È una decisione del generale Domenico Florio, perché come è tristemente noto nessun ordine arriva dai comandi superiori del regio esercito, nessuna indicazione è data alla popolazione dai rappresentanti del governo che in quelle stesse ore cercano di raggiungere Brindisi, ormai sotto il controllo alleato.

È proprio con la risposta ferma dei militari, a Cremona come altrove, che nasce la Resistenza. La risposta di Florio è coraggiosa, è una risposta densa di dignità e senso dell’onore, ma la sconfitta è annunciata. Cugini ricorda le forze in campo in città: «Esame delle forze italiane: fra ufficiali graduati e soldati: 1800 circa i disponibili; armamento: fucili mod. 91 ed alcuni Vetterly mod. 1870 ri modernati, fucili mitragliatori, una ventina di mitragliatrici e, se i cannoni del 3° Reggimento Artiglieria sono in efficienza, si potrebbe disporre di 10 calibro 149/ 12 (due invece risultarono in riparazione), 6 cannoni anticarro calibro 47 ed un numero limitato di bombe a mano».

È irraggiungibile la polveriera di Picenengo, occupata dai tedeschi nella notte tra 8 e 9 settembre, quindi non si può contare sul rifornimento di munizioni. Anche gli uomini sono quelli che sono. I più idonei sono sui diversi fronti di guerra, nelle caserme cremonesi sono rimasti graduati e soldati richiamati appartenenti a leve anziane, reduci dalla Grande guerra o addirittura dalle guerre d’Africa, militari in convalescenza, reclute in fase di addestramento. Solo alla Paolini ci sono trecento reclute già addestrate: sono tutti ragazzini del 1924, non hanno neppure vent’anni e sono le forze migliori che Cremona può mettere in campo per difendersi dai tedeschi che hanno circondato la città. «Intanto era sorta l’alba - prosegue il racconto di Cugini -: un’alba brumosa rischiarata da un sole scialbo. Trascorre qualche ora in una atmosfera carica di elettricità. La popolazione, che si è alzata presto, è scesa nelle vie e nelle piazze ed avverte una sensazione particolare gravata da qualcosa che non sa spiegare. Ognuno ha interrogativi ma non si parla per non avere conferma a dubbi atroci».

PRIMA CANNONATA

La prima cannonata tedesca arriva alle 8.12, sparata da un panzer poco oltre la clinica San Camillo. Segue «un susseguirsi di scoppi in varie parti della città soggetta ad un tiro continuo, tambureggiante». Con una manovra a ventaglio, dalle periferie verso il centro, i tedeschi vanno all’assalto delle caserme - la Col di Lana, la Manfredini, la Sagramoso, la Paolini, la Lamarmora, la Santa Lucia e le altre - e poi degli uffici pubblici. La battaglia di Cremona è frammentata in tanti episodi più o meno contemporanei, vengono coinvolti anche alcuni civili. Il bilancio sarà tragico: ventinove caduti tra militari e civili (tra loro anche cinque donne), trentasette feriti. Centinaia di militari sono fatti prigionieri: alcuni sono stati catturati subito, altri hanno trovato rifugio nelle case, che i cremonesi hanno aperto con generosità ai fuggiaschi, e sono stati rintracciati nel corso di violenti rastrellamenti. Sporchi, talvolta feriti, impauriti, i soldati vengono fatti sfilare per le vie del centro e poi tenuti per qualche giorno senza cibo e senza coperte dietro la ferrovia, prima della deportazione.

Cominciano così i lunghissimi mesi dell’occupazione nazi-fascista.

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