L'ANALISI
DAL TEATRO AL GRANDE SCHERMO
25 Agosto 2024 - 05:15
Chiara Francini
CREMONA - Dal teatro al cinema senza passare dal via, ma con un fiuto produttivo a suo modo unico. Pierfrancesco Pisani, produttore cremonese, approda sul grande schermo e lo fa entrando dalla porta principale. ‘Coppia aperta quasi spalancata’ di Dario Fo dal palcoscenico arriva sul grande schermo grazie a Chiara Francini e Alessandro Federico che da anni portano in tour con grande successo il testo del Premio Nobel. Il film aprirà infatti Le Giornate degli Autori al prossimo Festival del Cinema di Venezia e vede la coproduzione di Rai Cinema, Ballandi e il sostegno del Ministero della Cultura.
Come è nata l’idea?
«Tutto si è sviluppato durante la tournée dello spettacolo che ancora gira – spiega Pisani -. Il progetto ha preso corpo pian piano. Ma non si tratta di una trasposizione dell’opera di Fo, è qualcosa di diverso, condiviso con Francini, Federico e la regista Federica Di Giacomo».
In che senso non è la mera trasposizione della pièce?
«Il film vuole promuovere o meglio documentare una riflessione sulle relazioni di coppia. Il testo è del 1982, sono passati quarant’anni e i costumi sono cambiati. Il film si pone a metà strada fra fiction e docufilm. Da un lato c’è il racconto della pièce, la documentazione della tournée, ma anche l’incontro con una comunità e una famiglia che pratica il poliamore, ovvero la possibilità di convivere con più partner e le difficoltà per fare accettare, a livello di normativa, questo nucleo familiare a tre. Ci si chiede cosa oggi sia la coppia, se si possa amare contemporaneamente più partner e convivere insieme. La bellezza del film sta nella forza di non giudicare, ma solo di raccontare una storia e le diverse facce dell’amore».
Con ‘Coppia aperta, quasi spalancata’ entra alla grande nel mondo del cinema, con coproduzioni importanti.
«È una soddisfazione, soprattutto perché tutto è nato da una voglia mia e di Chiara di metterci in gioco, abbiamo creato insieme una società, Nemesis, passo necessario per poter concorrere al fondo cinema del Ministero. È stata un po’ una corsa contro il tempo ma ce l’abbiamo fatta. Abbiamo trovato il sostegno di Bellandi, società televisiva della Rai a capo della quale, fra l’altro, c’è il cremonese Mario Paloschi. Ora siamo arrivati al dunque e vediamo come andrà. Noi siamo soddisfatti e certo questo lavoro apre una nuova prospettiva alla mia attività produttiva».
Un’attività multiforme, in cui i linguaggi si intrecciano, parte dal teatro, è arrivato alla realtà aumentata e ora si dedica al cinema. I prossimi passi?
«Ora bisogna consolidare. L’anno scorso ero in tour contemporaneamente con sette produzioni. I miei spettacoli sono piccoli di dimensioni, ma girano tutta Italia e mettono insieme interpreti pop con drammaturgie curiose, autori di nicchia, registi che arrivano dal teatro di ricerca, se così vogliamo definirlo. Con Elio Germano ho creato una società per gli spettacoli in realtà aumentata. L’idea è quella di tutelare gli artisti che lavorano con me in maniera seria e normativamente inattaccabile. Così costruisci relazioni forti e chiare».
E così cita il libro di Chiara Francini, lo spettacolo visto al Ponchielli e un sodalizio, ora anche cinematografico.
Sorride e afferma: «Sta proprio nella trasparenza delle relazioni economiche e nella condivisione dei progetti che si basa la mia idea di produttore al servizio degli artisti, impegnato a dare conto di un mondo dello spettacolo che sappia intelligentemente parlare a tutti. Questo cerco di fare quando produco teatro e ora mi piace aver aperto uno spiraglio sul cinema. Vediamo come andrà».
Il teatro non lo lascia?
«E come potrei. È faticoso, ma è il mio mondo. A chiusura del triennio nel comparto Fus dedicato ai progetti d’innovazione eravamo subito dopo la Societas Raffaello Sanzio, ho avuto il secondo e quarto posto nel cluster dedicato all’innovazione. Non so se nel prossimo triennio riuscirò a replicare, ma lo spero proprio. Anche se, come ho già detto, arrivo da una stagione che è stata veramente sfiancante. Seguire sette spettacoli in tour in contemporanea non è davvero uno scherzo».
Il suo modo di fare produzione da indipendente e privato assume un aspetto autoriale che non è così usuale.
«Credo che la figura del produttore debba essere rivalutata, presa in considerazione non solo per il fatto che fornisce risorse per la realizzazione di progetti culturali. Credo infatti che un buon produttore sia parte in causa anche nell’elaborazione, dell’ideazione del progetto. Nel mio modo di intendere il mio ruolo c’è una forte attenzione alla concezione dell’idea, all’autorialità, se vogliamo usare una parola grossa».
Di teatro e cinema si può campare, dunque?
«Direi di sì, almeno io ci tento. Incrociando le dita le cose stanno funzionando. Ora vediamo come andrà il 28 a Venezia».
Pronto al red carpet?
«Ma non scherziamo...».
E sorride ritraendosi.
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